Rapporto Caritas-Migrantes, le donne migranti hanno perso il lavoro il doppio degli uomini

ROMA – La condizione occupazionale dei lavoratori stranieri in Italia ha subito un “forte contraccolpo” a causa della pandemia di Covid-19. A soffrire maggiormente delle conseguenze della crisi sanitaria sono state le lavoratrici. È quanto emerge dal Rapporto migranti 2021 realizzato da Caritas e Fondazione Migrantes, pubblicato oggi.Nel documento, giunto al 30esimo anno di pubblicazione, intitolato ‘Verso un noi sempre più grande’, si evidenzia che “il tasso di disoccupazione dei cittadini stranieri (13,1 per cento) è superiore a quello dei cittadini italiani (8,7 per cento), mentre il tasso di occupazione degli stranieri (60,6 per cento) si è ridotto più intensamente, tanto da risultare inferiore a quello degli autoctoni (62,8 per cento).

Le donne immigrate, si sottolinea nel testo, “hanno sofferto la crisi molto di più dei loro omologhi di sesso maschile, con una riduzione del tasso di occupazione due volte maggiore. Più colpiti gli occupati in alberghi e ristoranti (25,2 per cento degli Ue e 21,5 per cento degli extra-Ue) e altri servizi collettivi e personali (27,6 per cento degli Ue e 25,2 per cento degli extra-Ue)”.

Condizioni complesse che hanno provocato incertezza tra gli occupati stranieri nel nostro Paese. “C’è inoltre una quota rilevante di lavoratori – specifica infatti il documento -, che nel 2020 ha superato i 2 milioni di persone (+10,9 per cento dal 2019), che è incerta sul proprio futuro al punto tale da ritenere di poter perdere il proprio impiego. Ma mentre per gli italiani il timore di incorrere in un evento infausto si riduce parallelamente all’aumentare del livello di istruzione – confermando come il possesso di competenze più elevatefornisca una maggiore sicurezza dinanzi al manifestarsi di rischi – questo non accade tra gli stranieri extracomunitari”, aggiungono gli autori del rapporto.

La quota di lavoratori extra-Ue laureati che nutrono timori sulla propria condizione professionale infatti, si legge nel documento, “è del 15 per cento, ed è addirittura maggiore non solo dei diplomati (13,1 per cento), ma anche di chi ha al più la licenza media (14,7 per cento). In questo caso il titolo di studio – prosegue il testo – non costituisce una garanzia di stabilità occupazionale, probabilmente in ragione del fatto che anche chi ha elevate competenze svolge mansioni a bassa specializzazione”.

A completare il quadro del 2020, si evidenzia nella nota di presentazione del documento, “i dati sugli infortuni e le morti sul lavoro attestano quanto si accennava all’inizio: la maggiore esposizione di lavoratori di determinati settori al rischio contagio. Quanto agli infortuni collegati al Covid, dall’inizio della pandemia al 31 marzo 2021, l’Inail riporta 165.528 denunce. Il 69,3 per cento dei contagi ha interessato le donne, il 30,7% gli uomini”.

MIGRANTI 4 VOLTE PIÙ ESPOSTI A POVERTÀ

Il numero delle famiglie composte da cittadini stranieri in condizioni di povertà è più di quattro volte superiore a quello delle famiglie di soli italiani nello stessa situazioneNel documento si evidenzia che “i cittadini stranieri sono tra i gruppi sociali più esposti alla povertà, non solo economica ma anche educativa, relazionale e sanitaria”. Questa dinamica è stata ulteriormente peggiorata dalla pandemia di Covid-19. In tal senso, i dati della statistica ufficiale parlano chiaro, stando a quanto emerge dal documento. “Se negli anni di pre-pandemia la povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri si attestava al 24,4 per cento (quasi un nucleo su quattro, secondo i parametri Istat, non arrivava a un livello di vita dignitoso)- si legge nella nota di presentazione del rapporto -, in tempi di Covid-19 il tutto è stato inevitabilmente esacerbato; oggi risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7 per cento), a fronte di un’incidenza del 6 per cento registrata tra le famiglie di soli italiani”. Nel corso di un anno, si rileva nel documento, “l’incidenza è salita del 2,3 per cento, portando il numero di famiglie straniere povere a 568 mila. Nonostante le difficoltà tuttavia riferiscono gli autori del rapporto -, i centri di ascolto e i servizi che hanno lavorato con regolarità anche durante il lockdown sono stati un numero superiore a quelli del 2019, pari a 2.663 (il 69 per cento del totale), dislocati in 193 diocesi. Le schede individuali sono state complessivamente 211.233 (erano 191.647 nel 2019). Tra le persone aiutate i cittadini stranieri rappresentano il 52 per cento, in valore assoluto pari a 106.416 individui”.

POCHI BONUS PER FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ

L’incidenza media dei cittadini extracomunitari sulle misure straordinarie di sostegno alle imprese e alla famiglie introdotte a causa della pandemia di Covid-19 si attesta intorno 9-10 per cento, “ad eccezione del bonus autonomi, dei congedi parentali e del bonus baby- sitter, in cui si ferma al 3-4 per cento, a conferma della generale difficoltà nell’accesso alla presentazione della domanda da parte dell’avente diritto e la scarsa appetibilità di misure che possono essere difficili da sostenere in caso di salari già contenuti (come il congedo parentale)”. Nel documento si evidenzia inoltre che “la misura attualmente in vigore per il sostegno alle persone in povertà, il ‘Reddito di cittadinanza’, presenta dei limiti enormi legati alla copertura degli stranieri, dal momento che uno dei requisiti di accesso prevede la residenza in Italia di 10 anni, di cui gli ultimi due in via continuativa”.

EFFETTO PANDEMIA: -5,1% MIGRANTI RISPETTO AL 2020

L'”effetto pandemia” di Covid-19 ha colpito anche la migrazione: in Italia ci sono meno cittadini stranieri di quanti ce ne fossero l’anno scorso. Si registra anche un “drastico” calo dei movimenti migratori. Nel documento si evidenzia infatti che “la popolazione di origine straniera è passata dai 5.306.548 del 2020 agli attuali 5.035.643”, con un calo del 5,1 per cento.

Stando a quanto emerge dal rapporto, “la diminuzione complessiva della popolazione in Italia è ancora più cospicua (-6,4 per cento), attestandosi sui 59.257.600, checorrispondono a 987 mila residenti in meno rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda i movimenti migratori, si osserva addirittura una “drastica riduzione” del 17,4 per cento. In particolare, si legge nel rapporto, “rispetto al confronto con gli stessi otto mesi del quinquennio 2015-2019 si è registrata una flessione del 6 per cento per i movimenti interni, tra comuni, e del 42 per cento e 12 per cento, rispettivamente, per quelli da e per l’estero”.

Secondo gli autori del rapporto quindi, “si comincia ad osservare, tramite gli indicatori demografici l’effetto pandemia’ che si è attestato in altri ambiti sociali. Si trattadi un effetto – si spiega – prodotto dalla combinazione di molti fattori, fra cui – in primis – le morti causate dal virus, che in Italia hanno toccato una delle cifre più alte in Europa e nel Mondo (128 mila in Italia a fine luglio 2021, su 4.095.924 morti totali, pari al 3,1 per cento del totale mondiale).
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