Professionisti, primo sì per l’equo compenso

L’equo compenso per i professionisti è stato votato ieri in Aula alla Camera, con 251 voti favorevoli e nove astenuti. La norma ha l’obiettivo di tutelare il professionista nei rapporti con i clienti rendendo nulle le clausole che non riconoscono un compenso equo e proporzionale all’attività svolta. La proposta ha superato lo “scoglio” della copertura, grazie alio stralcio di alcune parti del testo uscito dalla Commissione, chela rendono finanziariamente sostenibile. Esclusi dalla norma gli agenti della riscossione e le imprese cartolarizzate. Anche l’applicazione dei nuovi vincoli ai contratti già in essere è rimasta sul campo per l’eccessivo onere che avrebbe comportato. «È una legge importante che interviene su un’ingiustizia sociale nel mondo delle professioni – afferma il sottosegretario alla Giustizia Paolo Francesco Sisto – era necessario intervenire». Ora il testo passa al Senato dove, ricorda Sisto, può essere modificato; «il cantiere sull’equo compenso è ancora aperto – afferma Sisto – e ci sono margini di miglioramento». Il testo uscito dall’Aula – non ancora disponibile – prevede che l’equo compenso va applicato a banche, assicurazioni, imprese che hanno più di 50 dipendenti o un fatturato superiore a 10 milioni di euro, pubblica amministrazione con eccezione delle società partecipate, le cartolarizzate e gli agenti della riscossione. Per gli agenti della riscossione c’è un ordine del giorno con l’impegno a reperire le risorse per estendere la norma anche per loro. Al momento la copertura è di 150 milioni l’anno dal 2022. La tutela di legge scatta per i contratti regolati da convezioni. Il testo arrivato in aula (proposta 1397) è frutto dell’accorpamento di diverse proposte arrivate sul tema, tra cui l’atto camera 301 (prima firmataria Giorgia Meloni). In questi giorni i rappresentanti di molte professioni, il Cnel e diversi sindacati, pur apprezzando il principio di fondo hanno sollevato perplessità sul testo votato ieri. Tra i punti critici c’è un ambito di applicazione limitato, molti rapporti professionali con la Pa non sono convenzionali e quindi vengono esclusi dalla tutela; a questo si aggiunge l’esclusione delle società partecipate dalla Pa e delle cartolarizzate e degli agenti della riscossione. C’è chi solleva il problema del diverso trattamento riservato ai professionisti iscritti agli Ordini rispetto agli altri, o che agli Ordini vengono affidati compiti che travalicano le loro competenze, come sottolineato ieri anche da Chiara Gribaudo. I Consigli degli Ordini hanno, infatti, la possibilità di concordare con le imprese modelli standard di convenzione che qualcuno paventa saranno più bassi di quelli standard. Anche il meccanismo sanziona- torio previsto ha fatto storcere il naso a molti. A subire una sanzione sarà il professionista che accetta un compenso al di sotto della soglia di equità e non il committente che glielo propone. Ad erogare le sanzioni sarà l’Ordine di competenza, perché si tratta di un illecito disciplinare. A questo proposito ieri l’Ade, che già pochi giorni fa aveva sottolineato gli aspetti critici del testo appena votato, parla di «una legge farsa che punisce i più deboli». Soddisfazione da parte del centro-destra, da Fratelli dltalia a Forza Italia, anche se va detto nel corso delle dichiarazioni di voto, più di un parlamentare ha auspicato, nel passaggio in Senato, ulteriori approfondimenti e modifiche.

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