“Dio è morto”: la rabbia dei lavoratori delle dehoniane sotto la sede dei frati

BOLOGNA –  “Dio è morto con i padri dehoniani”. Sono le parole più dure tra quelle pronunciate stamani a Bologna al presidio organizzato dai lavoratori del Centro editoriale che fa capo alla congregazione religiosa, che all’inizio del mese di ottobre ha portato i libri in Tribunale presentando istanza di fallimento per la casa editrice.

“Vigliacchi”, gridano i dipendenti sotto le finestre dei frati, dai quali si sono sentiti traditi, scaricati “senza una parola di rammarico”. Adesso il Centro editoriale dehoniano è in esercizio provvisorio fino al 31 dicembre, con la gestione affidata a un curatore, Riccardo Roveroni, nominato dal giudice.

Nei giorni scorsi, “in tempi record” è stato raggiunto un accordo di cassa integrazione per i 25 dipendenti: alcuni sono a zero ore, altri lavorano per cercare di portare avanti l’attività nella speranza che un cavaliere bianco si faccia avanti e rilevi l’editrice. “Speriamo di poter dimostrare ai padri dehoniani che è solo colpa loro se questa cosa è andata così”, spiega Lara, addetta all’ufficio produzione e rsu Slc-Cgil, a margine del presidio di questa mattina davanti alla sede della Provincia settentrionale dei sacerdoti del Sacro cuore di Gesù (i dehoniani, appunto), dove i lavoratori si sono presentati con bandiere e amplificatori per gridare la loro rabbia. E le note di “Dio è morto” di Francesco Guccini, sparate a tutto volume sotto la sede della congregazione, suonano come un severo atto d’accusa contro i religiosi, che, sostengono i lavoratori, sarebbero venuti meno ai loro stessi principi. “Venticinque famiglie si sono ritrovate all’improvviso sulla strada anche se speriamo che ci sia la possibilità di proseguire le pubblicazioni. È mancata la comunicazione dei problemi e la volontà di risolverli. C’è stato un disinteressamento da parte dei dehoniani e uno scaricare il problema da qualche altra parte. Ma anche loro sono responsabili di quello che è successo e si devono interessare del futuro di questi 25 lavoratori”, sostiene il presidente dell’Aser, il sindacato dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, Matteo Naccari, al presidio assieme al presidente dell’Ordine dei giornalisti regionale, Giovanni Rossi. “Noi come Aser non abbiamo mai saputo delle difficoltà che c’erano, anche perché se l’avessimo saputo, ci saremmo messi a lavoro per trovare una soluzione, così come è stato fatto per tutte le crisi che investono l’editoria in questa regione”, assicura Naccari, che ora spera che si possa trovare una soluzione per evitare la chiusura definitiva del Centro editoriale dehoniano. “La speranza c’è, perché qui c’è molto valore, sia dal punto di vista delle persone che editoriale. Il curatore sta lavorando per dare un futuro a un pezzo di storia. L’arcivescovo Zuppi è già intervenuto, spero che anche il Comune batta un colpo e si interessi della vicenda”, conclude il presidente dell’Aser. “I dehoniani ci hanno dato comunicazione del fallimento in un incontro durato meno di cinque minuti. I nostri colleghi lo hanno saputo dalla stampa. Nessuno dei dehoniani che hanno lavorato con noi fino al giorno prima ha espresso la minima parola di rammarico, siamo stati trattati senza il minimo rispetto. Dire che sono stati vergognosi è riduttivo”, denuncia Lara. “Ora ci sono 25 famiglie in ballo, più tutti i nostri fornitori e collaboratori. Perché assieme al fallimento del centro editoriale dehoniano forse ce ne sarà qualcun altro, ma la responsabilità è sempre dei padri dehoniani, che non sono stati capaci di gestire questa azienda. Ci piacerebbe che venissero a metterci la faccia e si scusassero per quello che hanno fatto e detto”, punta il dito la rappresentante dei lavoratori. “Il Centro editoriale dehoniano non ha ancora chiuso, stiamo continuando a lavorare per darci la possibilità di andare avanti anche negli anni a venire”, assicura. “Stanno lavorando per massimizzare periodo natalizio e dare continuità all’azienda. L’esercizio provvisorio c’è fino al 31 dicembre, speriamo che possa proseguire in attesa che imprenditori dell’editoria cattolica e non solo riescano a contribuire per salvare questa realtà”, conclude Antonella Amerini della Fistel-Cisl dell’Emilia-Romagna. 

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