A Roma occupato anche il liceo Newton

ROMA – Anche la sede succursale del liceo ‘Newton’ di Roma è stata occupata questa mattina, portando a una quindicina il totale delle scuole prese in mano dagli studenti e dalle studentesse nell’ultimo mese. In un comunicato, spiegano le ragioni che li hanno portati a “riappropriarci dello spazio che ci spetta di diritto, lo spazio della scuola”. “Per prendere una posizione, in quanto studenti, nei confronti della neutralizzazione che da anni sta ormai avvenendo nei confronti della scuola, e che si innesta in un più ampio piano di strutturale disattivazione di ogni forma di partecipazione, di democrazia, di coesione sociale, e che si riflette in un tasso di astensionismo che nella Capitale sfiora il 60%”, scrivono gli studenti e le studentesse del ‘collettivo Julien Assange’ del liceo ‘Newton’.

Prendono di mira l’intera classe dirigente, fatta di persone che, scrivono, “hanno introiettato le parole d’ordine dello spirito neoliberale del nostro tempo e con rara inefficienza riescono persino a risultare inadeguati rispetto ai loro stessi obiettivi”.Gli studenti e le studentesse attaccano anche le riforme dell’istruzione che si sono susseguite in questi anni, che rappresentano un “tentativo di smantellamento dell’istruzione, incentrata non più sulla formazione della cultura e sul senso critico del cittadino, ma sulla produzione di lavoratori e consumatori abituati fin da giovanissimi alle forme e alle dinamiche della società di mercato. Nonostante il processo di aziendalizzazione della scuola sia lontano dall’essere pienamente realizzato, una cosa però è stata già ottenuta: dividerci, frantumarci, inondando noi e i nostri professori di perdite di tempo istituzionalizzate, di burocrazie infinite, di corsi insignificanti al solo scopo di produrre in noi un senso di assuefazione e di alienazione che inibisca ogni azione e ci mantenga separati, lontani e innocui”.

Con questa azione di protesta, gli studenti e le studentesse si riappropriano degli spazi e della materialità della scuola, sacrificata da quasi due anni di DAD. “Il Covid, la DAD, sono state l’occasione per sottrarre la scuola al suo riferimento materiale, riconvertendola in una pura interazione digitale dove l’unico interlocutore dello studente è il computer, e da cui – grazie a una significativa mobilitazione studentesca nell’ultimo anno – abbiamo ottenuto per ora una tregua. Con ciò non possiamo però dirci ancora soddisfatti: la presenza al 100% è considerata una gentile concessione, e come tale è potenzialmente sempre disattivabile; inoltre facendola passare come un tentativo, un’eccezione, i veri responsabili della sua riuscita, ovvero le autorità competenti in materia di edilizia, di trasporti, di messa in sicurezza degli spazi scolastici, possono serenamente lavarsene le mani, sicuri che – qualora la causa andasse persa e tornassimo nuovamente in DAD – sarebbe tutt’al più colpa degli studenti irresponsabili, o di un imprecisato destino avverso, in nome del quale ogni responsabilità è liquidata con una scrollata di spalle”.

A questa continua colpevolizzazione dei loro comportamenti, gli studenti e le studentesse oppongono la consapevolezza dello stato materiale degli edifici e la precarietà delle condizioni in cui sono costretti a studiare. “Sono le nostre stesse scuole a recare i segni dell’aggressione all’istruzione in atto ormai da anni, a suon di spending review e tagli “inderogabili”: abbandonate a se stesse, prive di manutenzione, sono come antiche reliquie a cui nessuno osa avvicinarsi, dei veri e propri cadaveri che ogni tanto ricevono qualche simbolica visita di controllo. E si scopre, ma guarda un po’, che sono morti. Così senza battere ciglia le aule vengono dichiarate inagibili e pericolanti, e nel frattempo gli studenti e i professori vengono gentilmente parcheggiati nei corridoi per giorni, dove però si raccomanda loro di fare lezione, con la massima serietà eh, che la scuola è una cosa importante. Si svela così la profonda irrilevanza, indifferenza rispetto alle condizioni reali della scuola da parte di una classe dirigente mefitica e ipocrita, e che si manifesta platealmente ogni volta che si incrina leggermente l’equilibrio apparente. Per questo occupiamo: per dire una volta per tutte che non ci stiamo, che la scuola e l’istruzione non sono concetti astratti modellabili a piacimento, che non si possono ridurre alla pura conformità alle richieste del mercato del lavoro, senza negare con ciò i principi fondanti della Costituzione. E per indicare un risorgimento dello spirito studentesco che parta ricostituendo quel legame profondo tra lo studente e la sua scuola, dove la libertà, l’emancipazione cominciano riappropriandosi dei propri spazi di socialità, di partecipazione”.

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