“La riforma della giustizia tributaria è una priorità per il nostro Paese. Non parlerei solo del processo tributario ma dell’intero ordinamento”. Così Giusi Bartolozzi (parlamentare del Gruppo Misto in Commissione Giustizia della Camera) che ha illustrato la sua proposta di legge nel corso del webinar “Fine d’anno, oltre alla legge di Bilancio quali riforme porterà sotto l’albero?” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. “Ho presentato- prosegue – una proposta di legge che prevede l’introduzione della figura di un giudice che sia terzo, imparziale e a tempo pieno. Che possa così essere specializzato, come richiede questo settore, approfondendo le diverse tematiche che lo caratterizzano. Un sistema la cui magistratura non sia più incardinata nel Mef, che è lo stesso ministero che ha poi il compito di erogare i provvedimenti impositivi”. “I giudici tributari devono essere incardinati presso il ministero della Giustizia o presso la Presidenza del Consiglio. L’accesso – aggiunge Bartolozzi – deve essere per concorso pubblico e la carriera deve prevedere gli stessi step di quella dei giudici ordinari con l’applicazione degli stessi procedimenti disciplinari e con un sistema di monitoraggio e regolamentazione delle attività da parte del Csm. Mi aspetto le difficoltà poste dalla riottosità di chi si oppone all’istituzione del giudice unico. Alla base di questa opposizione ci sono sicuramente questioni economiche legate alle indennità percepite e ai vantaggi che provengono dalla funzione aggiuntiva. Io credo invece che bisogna volare alto e in tema di riforme il Pnrr offre l’occasione giusta per farlo. Servono tempi certi e certezza del diritto. Mille giorni per la definizione di un contenzioso sono inaccettabili. Speravo che questo percorso potesse iniziare parallelamente alla discussione in Aula del decreto Fiscale – conclude – per recuperare il tempo perso. Ora spero che non se ne perda altro”.All’attenzione del Parlamento anche le proposte presentate dal partito di Massimo Bitonci (deputato della Lega in Commissione Bilancio): “Dobbiamo rendere la giustizia tributaria più snella. Un tema attuale perché il magazzino fiscale ha superato i mille miliardi di euro. Una cifra elevata che non è in buona parte esigibile e che altera la trasparenza del bilancio pubblico. Per non parlare dei costi di riscossione per riemettere sempre le stesse cartelle a chi non potrà comunque pagare. Su questo tema non va fatta demagogia. C’è una buona parte dell’Italia in difficoltà. Questa parte dichiara i redditi è conosciuta al Fisco ma semplicemente non ce la fa. Altra cosa sono gli evasori, quelli che nessuno conosce e sono difficili da snidare. Non bisogna fare confusione. Alleggerire il magazzino fiscale aiuta a fare chiarezza. E bisogna agire su più fronti. Si deve evitare di far pagare sanzioni e interessi dei debiti con fisco, dilazionando i pagamenti in almeno cinque anni. E’ l’unica risposta concreta – rimarca l’ex sottosegretario al Mef – a chi, dopo il blocco imposto dall’emergenza pandemica, si trova adesso a dover pagare tutto il pregresso in un’unica soluzione. Un modo di alleggerire anche il carico sulla giustizia: il 50% dei contenziosi in Cassazione è di carattere tributario. Altra misura importante da recuperare è la possibilità di chiudere le liti pendenti in primo e secondo grado con il saldo e stralcio. Nel 2019 ben 800 milioni sono arrivati allo Stato da questa misura. La proposta della rottamazione quater l’abbiamo depositata per riaprire ai debiti degli anni 2018 e 2019. Una misura che non è onerosa per lo Stato e che darebbe una mano a tutti i contribuenti colpiti dalla crisi”.Per l’opposizione a Montecitorio è intervenuta Ylenja Lucaselli (parlamentare di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio): “Sulla giustizia tributaria e sul contenzioso siamo da tempo impegnati a chiedere la possibilità di strutturare le magistrature come quella tributaria e quella dei giudici onorari. Una riforma che dovremmo chiamare più correttamente ‘Controriforma’. I problemi sono tantissimi: strutturali perché la magistratura tributaria è ancora gestita dal Mef; problemi processuali con limitazioni forti per i convenuti; problemi di coordinamento con gli altri processi penali, civili, fallimentari. Criticità rilevate anche dalla Commissione interministeriale. Bisogna risolvere la complessità della normativa scaturita dalla stratificazione delle leggi susseguite nel tempo. I numeri del contenzioso tributario sono enormi e insostenibili. Ci sono 2792 giudici tributari, il 47% non togati, che si occupano di una fetta rilevante del PIL italiano. Crediamo sia una ‘giustizia cenerentola’ – evidenzia Lucaselli – che non rispetta nemmeno i parametri della Costituzione e per questo va rivista. Questo è il momento per farlo approfittando del PNRR. Siamo disposti a collaborare per una legge che riformi l’intera materia attraverso la realizzazione di un Testo unico semplificato. Anche se ho l’impressione che il governo questa volontà non l’abbia affatto”.La voce dei professionisti è stata rappresentata da Mario Chiappuella (Odcec Massa Carrara): “La giustizia tributaria è spesso considerata di serie b, demandata a giudici part time non troppo esperti. Rileva la mancanza di conoscenze spesso notevoli da parte di giudici non specializzati. E troppo spesso l’incertezza e la complessità delle norme alimentano comportamenti scorretti. Tanti giudici non conoscono la materia e ci si trova di fronte a decisioni frutto di convincimenti basati più sulle emozioni e meno sulla conoscenza dei fatti e delle norme. Necessita una riforma urgente al fine di modernizzare questo settore. Il Governo ha inserito questo campo nel Pnrr – ha osservato Chiappuella -, mi auguro serva alla specializzazione di giudici competenti che operino a tempo pieno. Bisogna raggiungere la razionalizzazione della durata nei processi e la parità di trattamento tra le parti in gioco che faccia fronte allo strapotere degli uffici del ministero dell’Economia”.Secondo Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “La giustizia tributaria è l’orco delle giustizie, un mostro che ha fatto arrivare 120mila processi davanti alla Cassazione pari al 50% delle liti complessive pendenti. Una grave carenza riguarda l’assenza di una magistratura specializzata. Ma serve anche una semplificazione del quadro normativo. Ben vengano strumenti deflattivi: il primo è quello di migliorare l’attività accertativa degli uffici che spesso viene fatta in modo esagerato e fuori controllo; il secondo è il richiamo art. 48 sulle conciliazioni durante processo tributario che potrebbero essere rese obbligatorie qualora richieste. Si renderebbe così strutturale la possibilità di estinguere il processo prima di arrivare in fondo al percorso. Ma serve un cambio di passo che porti a riforme vere e non a misure spot”.
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