Libia, l’influencer El Gomati: “Il popolo vuole votare, temo proteste”

ROMA – “L’annuncio del rinvio delle elezioni era atteso ma è problematico e alimenta l’incertezza. Un terzo della popolazione libica si era registrata per votare e un recente sondaggio mostra che l’83 per cento dei cittadini vuole partecipare. Nei prossimi giorni, ci potrebbero essere manifestazioni di protesta”. A parlare con l’agenzia Dire è Husam El Gomati, attivista e influencer libico 33enne di base in Svezia, presidente del movimento giovanile Who we are movement. L’intervista si svolge a poche ore dall’annuncio dell’Alta commissione elettorale nazionale che ha sancito il rinvio delle consultazioni previste per venerdì 24 dicembre.

Una data, questa, che era stata fissata nell’ambito del Forum di dialogo politico libico (Lpdf) mediato dalle Nazioni Unite che aveva portato alla nascita di un governo unificato di transizione, dopo sette anni di conflitto civile tra un esecutivo riconosciuto di base a Tripoli e una compagine rivale con sede in Cirenaica, nell’est del Paese. Questa settimana poteva rappresentare la fine di un ciclo di stabilità e incertezza cominciato ancora prima della guerra, nel 2011, quando rivolte popolari portarono alla caduta il colonello Muammar Gheddafi, al potere per oltre 40 anni a partire dal 1969.

“Anche per chi ha preso parte al processo elettorale è difficile capire cosa accadrà” dice El-Gomati. “Pare sia stata indicata il 24 gennaio come nuova data per le consultazioni. Anche questo sembra un termine difficile da rispettare, ma la palla passa adesso al parlamento, che dovrebbe riunirsi il 27 dicembre”. L’influencer conferma anche una notizia circolata nelle ultime ore: “Ho avuto modo ieri di parlare col presidente della Commissione elettorale, Imad al-Sayeh, e mi ha comunicato che si dimetterà entro la settimana”.

L’attivista, che incontra quotidianamente leader libici nel “salotto” della trasmissione sulla politica locale che conduce sul social media Clubhouse, ‘The Libyan Club’, dice di altre voci che circolano nel Paese: “Si parla di un tentativo del parlamento di formare un nuovo governo, facendo cadere quello guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibeh, ma ci vogliono almeno 120 deputati su 200, e questa soglia non pare esserci”.

El-Gomati è convinto che anche il premier, pure candidato alla presidenza, avrà un ruolo nell’incertezza che aspetta il Paese. “Non si vuole dimettere”, nonostante, aggiunge l’attivista, “ci siano anche accuse di aver mentito sul suo curriculum universitario all’estero, in Canada in modo particolare, che pesano sulla sua reputazione”.

Al caos politico si aggiungono “le notizie di movimenti di gruppi armati nella capitale Tripoli”, dice l’esperto, che nella città più importante del Paese è anche nato. Nonostante tutto questo, ci sono segnali positivi: “Circa un terzo della popolazione libica si era iscritto per votare, mentre un sondaggio del gruppo di analisi Libya Desk, pubblicato dall’emittente 218, ha mostrato che l’83 per cento dei libici voleva partecipare al voto”, sottolinea il conduttore di The Libyan Club.

Segnali incoraggianti, quelli relativi alla voglia dei cittadini di far parte del processo politico, che “potrebbero spingere organizzazioni di giovani a manifestare per Natale”. Indicazioni interessanti, giungono però anche dalla politica libica. “Ieri l’ex primo ministro Fathi Bashagha ha incontrato il generale Khalifa Haftar, i due principali punti di riferimento militari delle fazioni che hanno animato il conflitto degli ultimi anni”, commenta l’attivista. Quello che per molti è una spia potenzialmente pericolosa di prossime alleanze poco prevedibili, per El Gomati deve essere invece interpretato in modo diverso: “E’ chiaro che siamo tutti delusi dalla guerra, ma la verità è che io valuto positivamente queste iniziative tutte libiche di riavvicinamento tra parti avverse: ne abbiamo avute a sufficienza di interferenze straniere”.
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