Unione europea, il sondaggio Fidu: “Occhio ai media, rischio disinformazione”

ROMA – I cittadini dell’Unione europea sono vulnerabili, sì, ma alla disinformazione sulle competenze e il lavoro svolto da Strasburgo e Bruxelles. E al netto della propaganda e del fenomeno delle fake news, a produrla – o a non contrastarla a dovere – sono la scarsa preparazione sull’argomento a partire dalle scuole e perfino un certo atteggiamento dei governi nazionali dei singoli Stati membri. Sono alcuni degli elementi emersi dal sondaggio ‘Quanto conosciamo dell’Unione europea?’, prima edizione del progetto ‘CommEUnication’ finanziato dal programma della Commissione europea ‘Europe for Citizens’ e realizzato in sette Paesi: Belgio, Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Irlanda e Portogallo. In ogni Paese un organismo ha curato l’indagine presentata ai propri cittadini, e per l’Italia se ne è occupata la Federazione italiana diritti umani (Fidu), che è stata anche coordinatrice del progetto.

Eleonora Mongelli, vice-presidente della Federazione, all’agenzia Dire spiega: “La disinformazione sul lavoro e sulle competenze delle istituzioni europee è concreta, e dato che l’obiettivo del progetto ‘CommEUnication’ è di avvicinare i cittadini alle istituzioni, abbiamo scelto di realizzare un sondaggio per comprendere l’ampiezza del fenomeno, in quanto è uno degli ostacoli a tale avvicinamento”. Il dilagare di informazioni parziali, inesatte o addirittura false secondo Mongelli “è peggiorato con la crisi pandemica. Pensiamo a tutte le fake news che ci sono arrivate, anche da parte di paesi come Cina o Russia, volte a minare la credibilità dell’azione dell’Ue rispetto al Covid-19”. Un esempio su tutti: “Nelle prime settimane dell’emergenza- ricorda Mongelli- in Cina circolavano informazioni secondo cui l’Ue non si stava adoperando per rifornire gli Stati membri di presidi medici, e che questi venivano invece donati da Paesi extra europei. Un fatto non vero”.

Il sondaggio di 30 quesiti è stato quindi lanciato dalla Fidu e dalle organizzazioni partner nei rispettivi Paesi, in modo da raggiungere anche i “non addetti ai lavori”. Hanno aderito circa un migliaio di persone dai 17 ai 71 anni. L’età media dei rispondenti è risultata di 26 anni. Il 40% inoltre si è detto laureato e circa il 40% in possesso di un’occupazione. Tra gli elementi più significativi che sono emersi da tale studio, continua Mongelli, c’è il fatto che “non conoscere le istituzioni Ue comporta un disinteresse rispetto al voto. Alle ultime elezioni parlamentari europee, solo il 55% ha dichiarato di aver votato, mentre il 33% no perché non si sentiva coinvolto”.

Positive le competenze generali sulle responsabilità di Parlamento, Commissione e Consiglio dell’Ue, note al 53% degli intervistati. Inoltre, dice ancora Mongelli, “la maggior parte degli intervistati si sente avvantaggiato perché cittadino Ue e in Italia questa percentuale sale addirittura al 75%”. Tuttavia, in pochi conoscerebbero le sei attuali priorità dell’Ue (Green deal, digitale, economia al servizio delle persone, un’Europa più forte nel mondo, stile di vita europeo e democrazia europea), che “in Italia si aggira intorno al 10% degli intervistati”. Più in generale, quasi il 60% di tutti i rispondenti europei ritiene che l’Ue sia minacciata. Il “pericolo” maggiore sarebbero le spinte nazionaliste (30%) poi a seguire ci sono i cambiamenti climatici, le fake news, la disinformazione e infine l’azione degli stati autoritari extra Ue.

Sul capitolo disinformazione, la vice-presidente della Fidu osserva: “Soprattutto i rispondenti italiani (l’89%) hanno valutato che il media più vulnerabile alla disinformazione sia Facebook seguita dai giornali online (56%)”. Si tratta proprio dei media che “risultano i più utilizzati per avere notizie”. A complicare la conoscenza dei cittadini sulle istituzioni europee non sono solo i media, ma anche i governi: “Sono loro che spesso non creano quel ponte necessario con i cittadini” evidenzia Mongelli, “sia perché non comunicano adeguatamente quello che fanno in sede Ue, sia perché non si impegnano affinché la gente la conosca meglio”. Da quanto è emerso dall’indagine, questo avviene “perché nelle scuole manca un’adeguata preparazione sul tema, e l’istruzione è una responsabilità degli stati membri. Inoltre “anche i governi sono generalmente più concentrati a comunicare la politica interna” afferma Mongelli, a partire dai partiti, “tra i quali c’è scarsa cultura dell’Europa.

L’Ue viene tirata in ballo per lo più quando serve un responsabile da incolpare per un fallimento o una crisi”. Un’attitudine che va dai “partiti sovranisti a quelli apertamente europeisti”. La corretta informazione sulle attività dell’Ue è però “responsabilità di tutti i soggetti- chiarisce Mongelli- a partire dalle istituzioni europee stesse”. Proprio con l’intenzione di contrastare il fenomeno della disinformazione, la coordinatrice annuncia: “Domani, 18 gennaio, organizzeremo sempre nell’ambito del progetto CommEUnication una giornata di formazione presso la nostra sede di Roma dal titolo ‘L’Unione (europea) fa la forza’. Il training vedrà la partecipazione di ricercatori, esperti e giornalisti per approfondire i vari aspetti della questione, mettendo anche a frutto i dati raccolti dal nostro studio”.

Dati che verranno presentati nel corso di una conferenza al parlamento europeo a settembre 2022, durante la quale, conclude Mongelli, “elaboreremo anche delle raccomandazioni mirate per i media, gli organismi della società civile e, naturalmente, per i partiti, i governi e le istituzioni europee”.
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