Aborto, Poleggi (Pro Vita): “Bene l’Oklahoma, così protegge ogni gravidanza”

ROMA – “La legge varata in Oklahoma tutela qualsiasi gravidanza e consente l’aborto solo in stato di necessità. Una tutela prevista da sempre dal nostro codice penale, motivo per cui se si dovesse mettere mano alla legge 194, a nostro parere, bisognerebbe abolirla nel suo complesso”. Va dritta al cuore del problema Francesca Romana Poleggi, membro del direttivo Pro Vita & Famiglia, raggiunta dalla Dire per un commento alla legge varata nello Stato americano che impedisce l’aborto a qualsiasi settimana di gravidanza, tranne che in caso di grave rischio per la salute della madre, violenza sessuale o incesto.

“Il codice penale – chiarisce Poleggi – prevede già lo stato di necessità che costituisce un esimente per qualsiasi tipo di reato, per cui anche l’aborto effettuato in stato di necessità sarebbe considerato un atto lecito, tenendo conto che i reali casi di grave rischio di salute per la madre sono davvero pochissimi. Per il principio di uguaglianza tutti gli esseri umani hanno pari dignità sociale a prescindere dall’età e sopprimere un essere umano costituito anche solo da un grumo di cellule non può essere sancito come un diritto”.

LEGGI ANCHE: Pro Vita torna in piazza contro l’aborto: “Lo Stato tuteli il diritto alla vita”

Una legge come quella dello Stato americano o una eventuale abolizione della 194 italiana non è un arretramento rispetto ai diritti conquistati dalle donne? “La legge 194 è la più maschilista degli ultimi 50 anni – spiega l’esponente di Pro Vita -, perché di fronte a una gravidanza imprevista e indesiderata lascia la donna completamente sola, deresponsabilizza il padre che viene totalmente escluso dalla decisione dell’interruzione della gravidanza, deresponsabilizza la società perché di fronte a questo evento imprevisto e indesiderato lo Stato cosa offre? L’aborto e non la possibilità di tenere il bambino con sussidi economici. È una legge che va tutta a danno della donna – prosegue Poleggi – che poi si ritrova a essere madre di un bambino morto, con gli stessi problemi socio-economici che aveva prima e che l’hanno indotta ad abortire e in più con tutte le conseguenze fisiche e psichiche che un aborto provoca. Conseguenze delle quali nessuno parla mai, che vengono colpevolmente e omertosamente negate da chi sostiene che l’aborto fa bene alla salute ed è come bere un bicchiere d’acqua”.

Eppure tante donne sostengono di incontrare difficoltà e resistenze, nelle strutture pubbliche alle quali si rivolgono per interrompere una gravidanza, a dispetto dell’aborto come unica soluzione offerta dallo Stato. “In realtà – precisa l’esponente di Pro Vita & Famiglia – ci sono più punti Igv che punti nascita in Italia e se una donna ha difficoltà ad abortire è solo per la malasanità e per la cattiva organizzazione delle strutture pubbliche, perché i medici non obiettori hanno un carico di lavoro di circa un aborto a settimana. Questa è un’altra leggenda metropolitana messa in giro dalla propaganda radicale che si inventa balle a cui poi la gente crede. C’è uno studio effettuato dall’università di Oxford – rincara la dose Poleggi – che ha dimostrato come nei Paesi in cui l’aborto viene vietato o comunque consentito solo in casi di necessità, la mortalità materna diminuisce. Al contrario, nei Paesi in cui l’aborto viene legalizzato, la mortalità materna aumenta. Quindi – conclude – l’aborto è una grossa minaccia alla salute delle donne”.

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