Afghanistan, Fatima Gailani: “Con i talebani bisogna dialogare”

ROMA – La parola chiave nei confronti dell’Afghanistan deve essere “dialogo”, per la popolazione e i suoi diritti. Lasciando da parte il nodo del riconoscimento del governo talebano, che rischia altrimenti di ostacolare un percorso di sviluppo. È l’appello di Fatima Gailani, ex presidente della Mezzaluna rossa, nel 2020 unica negoziatrice donna ai colloqui di pace in Qatar.

IL DIALOGO È LA CHIAVE

Secondo la dirigente, 68 anni, formazione in diritto islamico e letteratura persiana, ospite a Roma della conferenza Coopera, l'”engagement”, inteso come impegno al confronto e al dialogo, è la “chiave” di tutti i problemi. “Bisognerebbe mettere da parte la questione del riconoscimento del governo dei talebani” sottolinea Gailani in un’intervista con l’agenzia Dire. “Non sostengo che tutti dovrebbero riconoscere il loro esecutivo, ma dialogare è una cosa differente; sarebbe per il bene dell’Afghanistan e del cambiamento nel Paese, per il suo sviluppo e per l’efficacia degli interventi umanitari”. La tesi è che rompere i rapporti e non parlarsi, semplicemente, non sarebbe una soluzione. “Il segreto è un processo politico” dice Gailani, protagonista dei colloqui di Doha che nel 2020 alimentarono brevemente la speranza di un’alternativa al conflitto armato tra i guerriglieri talebani e il governo dell’allora presidente Ashraf Ghani. Quell’esperienza di mediatrice porta con sé un avvertimento.

IL PROCESSO DI PACE

Secondo Gailani, infatti, “troppo spesso il processo politico in Afghanistan è stato costruito per escludere qualcuno”. Un esempio sarebbe la conferenza di Bonn, convocata dopo l’invasione americana del 2001 che aveva messo fine al primo periodo al potere per i talebani. “Chi mancava in Germania?” chiede l’ex negoziatrice in modo retorico. “Mancavano i talebani ed è assurdo: se combatti i talebani e poi i talebani sono assenti, qual è il significato del processo di pace?” I risultati di quegli errori, che Gailani invita i Paesi occidentali e della Nato a non ripetere, sarebbero davanti ai nostri occhi. Quello dell’ex presidente della Mezzaluna rossa è però anche un monito ai talebani, tornati al potere nell’agosto 2021 dopo il ritiro dei contingenti della Nato: “Se escludono le donne, le minoranze, i giovani e le tante persone istruite del Paese non potranno sopravvivere”.
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