VIDEO | Con Apalutamide c’è una nuova speranza contro il tumore alla prostata

MILANO – Una nuova speranza nella lotta al tumore alla prostata. È stata infatti approvata da Aifa la rimborsabilità di Apalutamide, farmaco antitumorale in compresse inibitore del recettore degli androgeni, sviluppato da Janssen, azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson. Già rimborsato nel carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico (nmCRPC), Apalutamide è ora disponibile anche per gli uomini con carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni (mHSPC), in combinazione con terapia di deprivazione androgenica (ADT).

Il funzionamento del farmaco e i risultati delle sperimentazioni sono stati illustrati questa mattina al ‘Four Points by Sheraton’ di Milano. Hanno partecipato alla conferenza stampa Orazio Caffo, direttore dell’unità operativa oncologia medica dell’ospedale di Trento, Vincenzo Mirone, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Urologia dell’Università Federico II di Napoli, Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia e Daniela Curzio, therapeutic area oncology medical manager Janssen Italia.

IL TUMORE PIÙ DIFFUSO TRA GLI UOMINI

In Italia, il carcinoma alla prostata è attualmente la neoplasia più frequente tra i maschi e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni d’età. Sono infatti circa 564.000 gli italiani con pregressa diagnosi di tumore alla prostata, pari al 33% dei casi di tumori nel sesso maschile e nel 2020 erano stimati circa 36.000 nuovi casi, pari al 19% di tutti i tumori maschili. La maggior parte delle diagnosi viene formulata in persone di età avanzata, 6.811 casi ogni 100.000 riguarda infatti ultrasessantacinquenni.

Apalutamide, prodotto in Italia nello stabilimento Janssen di Latina, ha una potente attività antitumorale, ottenuta aumentando la morte (apoptosi) delle cellule tumorali e riducendone la proliferazione. Esercita tale funzione bloccando i recettori degli androgeni ai quali si lega il testosterone, che è l’ormone di cui si serve il carcinoma prostatico per svilupparsi. Il farmaco inibisce quindi la crescita delle cellule tumorali, impedendo il legame degli androgeni al recettore.

SI RIDUCE IL RISCHIO DI MORTE

Gli studi condotti sul carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico hanno evidenziato come Apalutamide, in combinazione con ADT, riduca il rischio di morte del 22% rispetto alla sola ADT e prolunghi significativamente la sopravvivenza complessiva mediana dei pazienti fino a 21 mesi.

Risultati ancora più importanti sono stati ottenuti negli studi sul carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni, con una riduzione del rischio di morte fino al 48%, mentre la sopravvivenza libera da progressione secondaria migliora del 38%. Apalutamide, inoltre, risulta ben tollerato, mantiene una buona qualità di vita durante il trattamento, ritardando nel tempo il ricorso alla chemioterapia citotossica e ai suoi impattanti effetti collaterali, come evidenzia anche il dato del 73% di riduzione del rischio di progressione del Psa, indicatore di progressione della malattia.

Il dottor Orazio Caffo, direttore dell’unità operativa di oncologia medica dell’Ospedale di Trento, spiega come “la strategia della deprivazione androgenica già da diversi anni si è dimostrata non ottimale, perché si è capito che bisogna aggiungere un farmaco, o chemioterapico o ormonale di nuova generazione”. Fino a questo momento, però, in Italia “l’unico farmaco che potevamo aggiungere era la chemioterapia, con tutti i limiti che questo comporta”.

“La possibilità di poter utilizzare Apalutamide- aggiunge Caffo- rappresenta un’alternativa terapeutica importante per questi pazienti”. Questo farmaco, infatti, “si è dimostrato efficace, riuscendo a prolungare in maniera significativa la sopravvivenza di questi pazienti con una riduzione del rischio di morte del 48%”.In più, conclude Caffo “è un farmaco ben tollerato, con un profilo di tossicità assolutamente favorevole. Quindi stiamo ottenendo una cronicizzazione della malattia con un mantenimento della qualità della vita dei pazienti”.

Apalutamide è un farmaco anti tumorale che “agisce bloccando la via di crescita del tumore, cioè blocca il recettore degli androgeni che sono il nutrimento con cui la cellula tumorale cresce. È un farmaco molto selettivo che va a bloccare esattamente quel recettore, impedendo alla cellula di proliferare e inducendo anche la morte cellulare”, spiega Daniela Curzio, Therapeutic Area Oncology Medical Manager Janssen Italia.

“AUMENTO DELLA VITA MEDIANA DI 21 MESI”

Curzio chiarisce che “questo farmaco è stato studiato in varie fasi del tumore alla prostata. È già in commercio sul tumore alla prostata resistente alla castrazione non metastatico, dove l’utilizzo di questo farmaco ha portato a un aumento della vita mediana di 21 mesi, un dato veramente impattante per i pazienti. Adesso è finalmente in commercio anche per i pazienti con il tumore metastatico sensibile alla castrazione, una malattia più avanzata e più importante”.

Apalutamide darà la possibilità di “offrire ai pazienti un farmaco orale che non cambia la loro qualità di vita. I dati- sottolinea infine Curzio- sono molto importanti, con una riduzione del rischio di morte di quasi il 50%, e la possibilità di lasciare aperte le altre linee terapeutiche” durante la somministrazione”.

“Questo farmaco sostituisce la chemio classica e ha un impatto molto positivo sulla vita del paziente”, dice Maria Laura De Cristofaro, presidente della onlus Europa Uomo Italia. Con questa terapia, infatti, il paziente “non deve recarsi in ospedale per fare la chemioterapia, ma può assumere il farmaco per via orale anche a casa, rimborsato dal Sistema sanitario nazionale”. Questo modo di seguire la terapia comporta quindi “un miglioramento della vita del paziente” ma anche “della serenità del suo nucleo familiare”.

“SERVE PIÙ COMUNICAZIONE, COME PER IL TUMORE AL SENO”

Per combattere il tumore alla prostata, ricorda però la presidente dell’associazione impegnata per la sensibilizzazione su questo tema, “la diagnosi precoce è fondamentale, dai 50 anni in su bisogna parlare con il proprio medico curante e fare un esame del Psa e poi una visita urologica di controllo”.Ma il problema, secondo De Cristofaro, “è che non c’è sufficiente comunicazione e attenzione delle istituzioni su questo tema. Ce n’è tantissimo per il tumore al seno, però bisogna fare la stessa cosa per il tumore alla prostata. Anche in campo maschile abbiamo bisogno di avere l’alleanza delle istituzioni”.

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