Stp, integrativo doppio

Nessun «ritocco» è possibile sulla duplicazione del contributo integrativo dovuto alle Casse di previdenza, generato dalla doppia fatturazione delle prestazioni professionali, prima come Società tra professionisti (Stp) nei confronti del cliente e, poi, in qualità di socio professionista: a metterlo nero su bianco il ministero del Lavoro, guidato da Andrea Orlando, rispondendo ieri a un’interrogazione del senatore di FdI Andrea de Bertoldi. Il documento parte rievocando l’altolà, da parte dei dicasteri vigilanti (l’altro è quello dell’economia, ndr), della delibera adottata dall’assemblea dei delegati della Cassa dottori commercialisti (Cdc) nel febbraio 2020, con cui s’intendeva evitare la doppia imposizione del contributo integrativo dovuto alla Cassa dall’iscritto socio di Stp; gli uffici di via XX settembre, richiamando l’art. 11 comma 1 della legge 21/1986 (riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti) avevano precisato che tale normativa «non ammette deroghe all’applicazione del contributo integrativo e non opera distinzione della Andrea Orlando base imponibile in relazione alla natura del committente (Stp, o altro utente)», giacché stabilisce che tutti gli iscritti agli Albi della categoria «devono applicare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini dell’Iva». Quanto al ministero del Lavoro, rammenta che non vi sono novità nella definizione della base di calcolo della contribuzione integrativa dalla legge 133/2011 e si esclude che «rientri nelle prerogative di un Ente previdenziale la potestà di modificare la definizione della base imponibile su cui applicare la maggiorazione a titolo di contribuzione integrativa», né è «ammissibile» che il versamento «possa dipendere da scelte su modalità di regolazione dei rapporti tra la Stp e i propri soci». «Dispiaciuto» il presidente della Cassa ragionieri (Cnpr) Luigi Pagliuca, cui son state bocciate delibere ideate per «eliminare il fenomeno» (al pari dell’Enpacl, consulenti del lavoro), perché «l’assoggettamento al contributo integrativo nei rapporti di ristorno dei compensi ai soci pone disparità di trattamento con le Società di ingegneria, cui è consentita la rivalsa della contribuzione nei rapporti tra socio e società», ai fini del versamento all’Ente degli ingegneri e architetti, Inarcassa, il cui numero uno Giuseppe Santoro è convinto che «alle Istituzioni spetta l’onere di incoraggiare lo sviluppo delle diverse forme di aggregazione societaria, semplificando la burocrazia, chiarendo la normativa e, soprattutto, snellendo la fiscalità», perché possano «competere sul mercato». Amaro il giudizio di de Bertoldi: mentre da più parti si sostiene «la necessità delle aggregazioni per fornire migliori servizi ai clienti, diminuire i costi degli uffici», ma pure «per attenuare i bisogni energetici, il governo fa ostruzionismo, sia sul piano fiscale, come dimostrato», chiude, «dalle limitazioni al regime forfettario, sia con l’assurda duplicazione del contributo integrativo previdenziale che coinvolge le Stp».

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