Bimba morta a Milano, lo psichiatra: “Nessun senso di colpa nella mamma, i suoi bisogni venivano prima. Ma è capace di intendere e di volere”

ROMA – “Dal punto di vista di un clinico Alessia Pifferi potrebbe corrispondere al profilo di una madre con i tratti calloso anemozionali: completa mancanza di senso di colpa, empatia e superficialità emotiva. Aspetti che poi potremmo considerare più avanti appartenenti a una personalità antisociale”. Parla alla Dire Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e past president della Società italiana di psichiatria, commentando la vicenda della 37enne di Milano arrestata per la morte della figlia di 16 mesi, abbandonata per 6 giorni da sola in casa.

“OGNI AZIONE STRUMENTALE A RAGGIUNGERE I PROPRI BISOGNI”

Per le persone con tratti calloso anemozionali “qualunque azione è strumentale al raggiungimento dei propri scopi- spiega lo psichiatra- procedono senza che quei sentimenti di empatia e senso di colpa si manifestino. I propri bisogni vengono prima di quelli di accudimento. Dai racconti emergono due aspetti della donna: ha bisogno di raccontare bugie e la continua ricerca di sensazioni, il ‘sensation seeking’. Possono essere persone che a loro volta hanno storie molto amare alle spalle, ma in questo caso non lo sappiamo. Lei è una madre capace di intendere e di volere, perché sapeva le potenziali conseguenze delle sue azioni”.

“POTEVA ESSERE AIUTATA, DA PARENTI O SERVIZI SOCIALI”

“Sorprende che la donna non abbia cercato aiuto- continua Mencacci- avrebbe potuto avere la possibilità di essere aiutata, supportata da parte di qualunque cerchia, non solo familiare, ma anche amicale o dei servizi sociali. Oggi è inaccettabile che un bambino possa essere abbandonato a sé stesso. Questo ha generato un orrore profondo e diffuso nella società. In questa vicenda stupisce proprio la noncuranza e la superficialità drammatica con il quale tutto accade. Veramente la banalità del male- rimarca il presidente Sinpf- si sarebbe potuto trovare una risposta a questa bimba anche se la madre non voleva crescerla”.

“IL SALTO DI QUALITÀ DELL’ADOZIONE”

La vicenda “ha creato un grande senso di orrore perché confligge totalmente con un sentimento comune: il bisogno di protezione nei confronti dei neonati e dei bambini in generale. In più si colloca in un momento storico in cui le nascite sono in grande crisi e i figli sono considerati sempre più come una cosa preziosissima. Le foto che appaiono di questa donna mostrano che tiene molto alla comunicazione sociale, al suo aspetto, mantiene rapporti online particolarmente fitti. La domanda allora è ‘Se questa è la sua conoscenza del mondo circostante, quali sono state le difficoltà di fronte a una bambina che poteva essere data in adozione?’- chiede Mencacci- L’adozione è un salto di civiltà, tenere in considerazione i bambini è un salto di civiltà. Un segno delle nostre conquiste è l’aver fatto dell’empatia uno strumento fortissimo delle relazioni umane, l’insensibilità ci genera un senso terribile di angoscia”.

“UNA PERSONALITÀ ANTISOCIALE”

Entrando nel tema del disturbo di personalità antisociale, “peschiamo nell’ambito della criminalità. I veri criminali spesso sono degli antisociali e si pone il tema della recuperabilità. Le possibilità di recupero delle persone con disturbi antisociali- spiega in conclusione Mencacci – non sono alte, si va da percentuali pari allo 0.2-0.3% fino al 3%. Generalmente, però, sono disturbi più comuni tra gli uomini che tra le donne ma le prevalenze tendono a diminuire con l’età”.

(foto dal profilo Facebook di Alessia Pifferi)

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