A Hebron l’emblema della sofferenza dei palestinesi: la denuncia di Medici senza frontiere

ROMA – “La zona di H2 è una terribile rappresentazione della sofferenza quotidiana del popolo palestinese costretto a vivere sotto occupazione. È semplicemente troppo brutto per essere vero. Medici senza frontiere (Msf) non cerca solo di garantire servizi sanitari nell’area, vogliamo anche ricordare alle persone che meritano di essere rispettate e trattate con dignità”. Lo denuncia in una nota Marietta Provopoulou, capomissione della ong in Palestina. Nel comunicato si evidenzia: “Nel cuore della città vecchia di Hebron, in Cisgiordania, c’è un’area nota come H2 dove vivono 42mila palestinesi e 700 coloni israeliani. Nella zona, controllata da Israele e teatro di violenze da parte dei coloni, gli spostamenti dei palestinesi sono soggetti a restrizioni che non solo ostacolano gravemente l’accesso all’assistenza sanitaria, ma creano anche difficoltà a svolgere la propria vita”.

Msf, si legge nella nota, è “in azione nell’area dall’agosto 2021 e opera attraverso una clinica gestita da personale tutto al femminile che fornisce visite mediche, servizi di salute sessuale e riproduttiva e assistenza psicologica, con particolare attenzione a donne e bambini. In dieci mesi le équipe di Msf hanno curato 5.135 pazienti, circa la metà con un’età inferiore ai 15 anni. Nello stesso periodo, l’équipe ha fornito supporto psicologico a 989 persone. “Tra le zone più sorvegliate della Cisgiordania, con 21 posti di blocco permanenti che regolano gli spostamenti dei residenti palestinesi e pongono notevoli ostacoli per l’accesso degli operatori sanitari, ad H2 esiste una struttura medica gestita dal ministero della Salute palestinese per i pazienti con patologie gravi, e oltre a Msf, nessun’altra organizzazione medica opera in quest’area”.

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I SOLDATI ISRAELIANI VIETANO L’ACCESSO AI POMPIERI: 3 BAMBINI MORTI

L’ong denuncia inoltre che “salvo l’ottenimento di un permesso speciale, ai palestinesi è vietato guidare veicoli, con gravi ripercussioni su disabili, anziani, donne incinte e persone in condizioni mediche critiche. Le restrizioni comprendono anche i servizi di emergenza come mezzi dei vigili del fuoco e ambulanze. Una paziente ha raccontato ai team di Msf che i suoi tre giovani nipoti, uno dei quali neonato, sono morti nell’incendio di un’abitazione dopo che i soldati israeliani hanno rifiutato l’accesso ai camion dei pompieri, nonostante le esortazioni da parte della comunità”. Msf rende noto che “i residenti devono attraversare i checkpoint per accedere alle strutture sanitarie al di fuori di questa zona” e che “quando si verificano scontri tra i residenti palestinesi e i coloni israeliani o le forze israeliane, i posti di blocco vengono spesso chiusi, impedendo così l’accesso sia in ingresso che in uscita”.”Non posso andare dal mio medico per i controlli di routine sul mio stato di gravidanza. Ogni giorno ci sono scontri vicino al checkpoint attraverso il quale esco da H2 per prendere un taxi, sento odore di gas quasi ogni giorno e non posso vedere il medico”, racconta una donna di 23 anni citato nella nota, che “si è rivolta a Msf per ricevere assistenza medica in seguito a complicazioni emerse durante la gravidanza”.

PER I PALESTINESI CASE OCCUPATE E VIOLENZE FISICHE

I palestinesi che vivono nella zona di H2, vicino ai coloni israeliani, prosegue il comunicato, “sono spesso impossibilitati a muoversi liberamente anche all’interno del proprio quartiere, gli accessi sono vietati in alcune strade e i controlli di sicurezza sono frequenti. Alcuni residenti di H2 devono passare attraverso ben quattro checkpoint per raggiungere la clinica di Msf, mentre altri non possono accedervi affatto”.L’ong afferma ancora: “Oltre a limitare l’accesso all’assistenza sanitaria, la situazione nell’area di H2 è dannosa anche per la salute mentale degli adulti e dei bambini che ci vivono. Molte case di residenti palestinesi sono soggette a incursioni notturne da parte delle forze israeliane, che prendono temporaneamente possesso di parti delle loro abitazioni. Secondo un’indagine delle Nazioni Unite, tra il 2015 e il 2018 il 75 per cento delle abitazioni palestinesi nella zona H2 è stato perquisito dalle forze israeliane e in un terzo dei casi un membro della famiglia è stato aggredito fisicamente. Nello stesso periodo, una famiglia su cinque ha lamentato l’arresto di uno dei propri figli da parte delle forze israeliane”.

“Soffriamo molto ogni giorno. Le forze israeliane e i coloni fanno irruzione nella nostra casa molto spesso”, racconta nella nota una donna di 41 anni con quattro figli e due figlie, assistita da Msf. “Ho sempre paura che possano ferire i miei figli. Vivo in uno stato di ansia costante. Quando i miei figli mi dicono di aver visto soldati o coloni nelle vicinanze, sono così spaventata. Non vedo l’ora che tornino da scuola, per chiudere la porta e non uscire più”. Msf evidenzia che “tra i pazienti più piccoli, il personale medico nota spesso segni di ansia che influenzano le loro interazioni con la famiglia e con i loro coetanei. Tra gli adulti, invece, vengono riscontrati problemi di salute mentale moderati e severi, come depressione, ansia e difficoltà nelle relazioni interpersonali”. L’ong chiede quindi che “siano aumentati ulteriormente i servizi sanitari in H2”. “Pur riconoscendo che l’accesso all’area si potrà migliorare solo con soluzioni a lungo termine, chiediamo un intervento graduale per aumentare i servizi sanitari e renderli più vicini e accessibili alla popolazione”, conclude Provopoulou.
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