Salpata la prima nave carica di grano dal porto di Odessa

ROMA – Ha lasciato il porto di Odessa nella prima mattina di oggi la prima nave carica di grano, in osservanza di un accordo stretto dopo settimane di negoziati con le autoritĂ  russe mediato dalla Turchia e dalle Nazioni Unite il mese scorso. A dare la notizia della messa in funzione del cosiddetto corridoio del grano attraverso il Mar Nero, il ministro delle Infrastrutture dell’Ucraina Oleksandr Kubrakov, che ha detto: “Coi nostri partner, l’Ucraina ha intrapreso un altro passo decisivo per prevenire la fame a livello mondiale”. Quindi ha aggiunto che la prima nave cargo diretta verso i porti del Libano – il vascello Razoni, che batte bandiera del Sierra Leone – trasporta 26mila tonnellate di cereali e altri beni alimentari, mentre altre 16 navi stanno aspettando il loro turno per salpare.

Da quando è iniziato il conflitto in Ucraina, il 24 febbraio scorso, la Russia ha interrotto l’export di grano dal paese che figura tra i primi produttori mondiali, generando una grave crisi nella catena degli approvvigionamenti alimentari mondiali che sta creando gravi difficoltĂ  soprattutto nei paesi in via di sviluppo, con scarsitĂ  di prodotti di base e impennata dei prezzi, come ha denunciato la Fao a piĂš riprese.La stampa internazionale riferisce che nei porti ucraini sono bloccati oltre 20 milioni di tonnellate di cereali.

PRIMO DIALOGO TRA RUSSIA E AMERICA

VenerdĂŹ scorso, per la prima volta dallo scoppio della guerra, i vertici delle diplomazie di Russia e Stati Uniti si sono parlati: il segretario di Stato americano Antony Blinken ha telefonato al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e, oltre discutere del tema dei prigionieri americani in Russia, ha esortato il rappresentante del Cremlino a rispettare l’accordo sul grano, ribadendo che Washington “non riconoscerĂ  mai” le conquiste russe sul suolo ucraino. Lavrov dal canto suo ha ribadito che l’Occidente deve rimuovere le sanzioni sui prodotti agricoli russi nonchĂŠ porre fine all’invio di armi a Kiev, perchĂŠ questo “prolunga il conflitto”.
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