Tasso di separazioni raddoppiato negli ultimi anni e fino a una su cinque sono altamente conflittuali

ROMA – Negli ultimi anni il tasso di separazioni è raddoppiato, passando dall’11,3% al 23,5%. Secondo i dati dello ‘Spazio Famiglie e Minori’, attivato in base ad un accordo di collaborazione tra Sapienza Università di Roma e Tribunale Ordinario di Roma, nel 2019 sono stati avviati 2.891 procedimenti giudiziali ai quali è necessario aggiungere 1.237 casi per l’affido dei figli di famiglie non matrimoniali, per un carico complessivo di 4.128 casi. Di tutte queste separazioni, circa il 5-20% sono percorsi separativi ‘gravemente conflittuali’. A scattare la fotografia, in una articolo pubblicato su ‘Pediatria’, il magazine ufficiale della Società italiana di pediatria (Sip), sono Pietro Ferrara, professore ordinario di Pediatria presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma; Ignazio Cammisa e Margherita Zona dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

TRE ELEMENTI PER CONSIDERARE CONFLITTUALE UNA SEPARAZIONE

“Una separazione per definirsi ‘altamente conflittuale’ deve possedere 3 elementi chiave- spiegano gli esperti- persistenza (il conflitto si prolunga nel tempo), pervasività (i genitori non riescono a trovare accordi sulla gestione dei figli e agiscono sistematicamente su nuovi fronti) e intensità (il conflitto si caratterizza per aggressività o violenza come comunicazioni ostili, provocatorie, svalutanti, aggressioni verbali, comportamenti manipolatori, sentimenti di odio). Tuttavia l’alta conflittualità non può non tenere conto dei figli, per cui un rapporto viene definito altamente conflittuale soprattutto quando i minori possono rimanere danneggiati dalla crisi separativa in atto principalmente per l’incapacità da parte del genitore di leggere i bisogni e le esigenze del figlio e farsene carico”.Alcune situazioni sono considerate ‘a maggior rischio’. “Un contesto caratterizzato da povertà di relazioni e di contatti sociali, con conseguente isolamento socioculturale, determina una mancanza di relazioni significative esterne al nucleo familiare, relazioni che potrebbero fornire supporto e contenimento del conflitto famigliare- spiegano Ferrara, Cammisa e Zona- In particolare, la possibilità, per i figli, di trovare degli adulti responsabili esterni al nucleo e neutrali, con cui potersi confidare, permette di mantenere saldo l’equilibrio psichico. La mancanza di fonti di supporto e protezione esterne, invece, favorisce il ritiro sociale, aumentando la sofferenza e la sensazione di essere travolti dalla crisi separativa. Un elemento imprescindibile è poi la fragilità del minore”.Le ricerche sull’argomento non hanno individuato una sintomatologia specifica attraverso la quale si esprime la sofferenza dei figli nella crisi familiare “alcuni diventano più aggressivi- continuano gli autori- altri disinvestono dal compito scolastico, altri ancora iniziano a manifestare comportamenti trasgressivi o antisociali. Talvolta la crisi familiare crea comportamenti ansiosi con la manifestazione di incubi o altri disturbi del sonno, altre volte si correla a quadri sindromici depressivi o di ritiro sociale. Quindi, i figli non esprimono in modo univoco il malessere familiare, oltre al fatto che alcuni minori sono più resilienti, mentre altri sono più fragili. La stessa incapacità dei genitori di offrire modelli educativi adeguati, esaustivi e costanti rischia di compromettere la salute psichica del figlio”.

LA SEPARAZIONE E’ SEMPRE DANNOSA PER I BAMBINI?

La separazione dei genitori è sempre dannosa per i bambini? “Sicuramente comporta un grande cambiamento dell’ambiente di vita del bambino, anche se il danno non deriva tanto dalla separazione in quanto tale, ma piuttosto dalla qualità di relazione. Anzi, se preceduta da un’accesa e lunga fase di conflittualità, la separazione può migliorare le relazioni. Più in generale i figli di genitori separati si ritrovano a far fronte a difficoltà di adattamento che per la maggior parte si risolvono entro 2-3 anni dopo la separazione. Tuttavia in alcuni casi i problemi emotivi aumentano con l’età e non si manifestano fino alla tarda adolescenza/età adulta. Disturbi comportamentali, scarso rendimento scolastico e abuso di sostanze sono solo alcuni dei comportamenti che manifestano i bambini a seguito del conflitto genitoriale. Le conseguenze fisiche/comportamentali sono influenzate da diverse variabili, tra cui l’età del bambino: al di sotto dei tre anni si ha una maggiore vulnerabilità attribuibile alla mancata comprensione delle circostanze ambientali, anche se comunque si ha la percezione del cambiamento nella routine in risposta al quale i bambini possono mostrare irritabilità, alterazione del ritmo sonno/veglia o dell’appetito”.“Secondo Erik Erikson tra i 3 e i 4 anni comincia a svilupparsi il senso di moralità- continuano gli esperti- per cui i bambini in questa fascia di età sperimentano il senso di colpa per i problemi dei loro genitori, sentendosene colpevoli e continuano a fantasticare sulla loro riunificazione, anche molto tempo dopo la ricostituzione di nuovi legami affettivi dei genitori con un nuovo compagno/a. Questi bambini presenteranno ridotta frequenza del sorriso, calo del rendimento scolastico, disturbi del ritmo sonno-veglia, riduzione della socializzazione. I sentimenti di ansia e angoscia, sperimentati dal bambino in queste circostanze, risultano difficili da elaborare soprattutto data la minore età e possono quindi presentarsi sotto forma di dolori ‘inesistenti’, difficoltà a trattenere l’urina o con un vero e proprio disturbo psicosomatico, nel tentativo di richiamare l’attenzione su di sé. Non è insolito quindi osservare disturbi comportamentali quali episodi anoressici o insonnia, stati depressivi, difficoltà a sviluppare relazioni intime. Gli adolescenti comprendono meglio tali situazioni, ma possono avere difficoltà ad accettarle; possono farsi carico di questioni adulte, soprattutto quando i genitori sembrano vivere una “seconda adolescenza” con confusione delle regole alla base della disciplina familiare. Tutto ciò genera insicurezza, comportamenti malsani, abuso di alcol/droghe e violazione delle regole. La separazione può inoltre cambiare la visione che si ha dell’amore e delle relazioni, considerandole fonte di delusione. In età adulta il tipo di relazione non solo sarà insoddisfacente, ma terminerà anche più velocemente. Oltre all’età, ci sono anche altri fattori che influenzano l’insorgenza di conseguenze quali il tipo di affidamento che può essere esclusivo di un determinato genitore oppure condiviso. In quest’ultimo caso, il rischio di abuso e di problemi psicologici risulta significativamente ridotto, dal momento che mamma e papà sono figure ugualmente significative per il bambino e condividono la responsabilità di prendere decisioni”.

ALL’ESTERO PROGRAMMI EDUCATIVI OBBLIGATORI AL MOMENTO DEL DIVORZIO

“In risposta all’aumento dei tassi di divorzio, molti Paesi hanno adottato un programma educativo obbligatorio al momento del divorzio- ricordano Ferrara, Cammisa e Zona- Si tratta di programmi brevi ed educativi, incentrati su come aiutare i bambini a far fronte durante e subito dopo il processo di divorzio. In queste circostanze, centrale è la figura del pediatra che, nel suo ruolo di garante del benessere psico-fisico del bambino, deve prendere in carico l’intero nucleo famigliare, confrontandosi anche con le figure genitoriali secondo le modalità più appropriate (convocazione congiunta, colloqui individuali, incontri congiunti con i figli e con le famiglie di origine) con l’obiettivo di spronare i genitori a continuare a funzionare come ‘genitori’, indipendentemente dall’incapacità di funzionare come coppia, compito non sempre facile specie in situazioni di conflitto”.
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