Dopo l’attacco nel Tigray, gli Usa invocano “la fine delle ostilità”

ROMA – Gli Stati Uniti si dicono “profondamente preoccupati” per la ripresa delle ostilità in Etiopia e tramite il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, hanno lanciato un appello “ad ambo le parti” affinché “pongano immediatamente fine alle rispettive offensive militari”.L’appello è alle forze ribelli del Tigray people liberation front (Tplf) e al governo di Addis Abeba, tra cui è in corso un conflitto dal novembre del 2020, con migliaia di morti e milioni tra sfollati e persone coinvolte dalla crisi umanitaria.Domenica scorsa il Tplf ha acconsentito a partecipare a negoziati di pace col governo federale con la mediazione dell’Unione africana, una decisione accolta con favore dal governo del premier Abiy Ahmed Ali.due giorni dopo però, si è registrato un attacco con droni armati su un quartiere residenziale di Macallé, capoluogo del Tigray, in cui hanno perso la vita almeno 10 persone come ha confermato l’ospedale Hayder, il più grande della regione.

Subito dopo il Tplf ha accusato l’esecutivo di aver ordinato all’esercito federale di attaccare, ma ad oggi Addis Abeba non ha ancora replicato.

SPERANZE DI PACE

Quando, l’11 settembre scorso, il Tiplf si è detto pronto a sedersi a un tavolo di pace con l’esecutivo, il governo aveva già dato prova di buona volontà istituendo nella capitale Addis Abeba un comitato di sette membri per redigere una proposta da discutere con il gruppo tigrino. Come condizione necessaria all’avvio dei lavori è stato chiesto “il completo disarmo” del movimento armato, come ha chiarito in un tweet il ministro della Pace Taye Dendea. Il ministro ha anche espresso soddisfazione per la decisione del Tplf di aderire alla proposta.

Il conflitto nel Tigray, regione a nord del Paese al confine con l’Eritrea, è iniziato il 4 novembre 2020 con un’operazione militare voluta dall’esecutivo Abiy per rimuovere le milizie collegate all’omonimo partito politico, accusato di governare in violazione della legislazione elettorale. Le violenze, che tra fine agosto e inizio settembre sono riprese dopo un periodo di interruzione, hanno generato una crisi umanitaria e esteso il teatro degli scontri anche nelle vicine regioni di Afar e Amhara, innescando una crisi umanitaria inasprita dalla crisi economica globale e dalla siccità.
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