Inflazione, Tremonti evoca il rischio Weimar e accusa Draghi: “Da ‘whatever it takes’ a ‘whatever mistakes’”

MILANO – Lo spettro di Weimar e le colpe di Mario Draghi. Giulio Tremonti, candidato di Fratelli d’Italia alla Camera nel collegio Milano Centro, a margine di un incontro con gli imprenditori lombardi nella sede di Assolombarda a Milano, mette in guardia dalle conseguenze dell’ondata di inflazione che sta attraversando l’Europa e punta il dito contro il premier Draghi, a lungo a capo della Bce, per le politiche monetarie espansive: “Siamo passati da ‘whatever it takes’ a ‘whatever mistakes'”. Da “costi quel che costi” agli errori in tema di politiche economiche, insomma.

La sfida principale per l’economia in questo autunno “è l’inflazione, che c’era prima della guerra e non dipende solo dall’energia. Il rischio che tutto si dissolva nell’inflazione è molto elevato”, spiega Tremonti che, citando Thomas Mann, aggiunge: “Credo che la montagna incantata si stia sgretolando. La montagna incantata è un libro pallosissimo, però le pagine sul denaro sono straordinarie e prevede Weimar”.

Secondo Tremonti, infatti, l’inflazione “è un fenomeno più vasto e generale, deriva dal fatto che si è stampata troppa moneta negli ultimi dieci anni. Stiamo pagando gli errori fatti dieci anni fa, quando imperava la dottrina dell’austerità fanatica: non funziona e allora passano di colpo alla liquidità. La liquidità è ‘whatever it takes’, e forse era anche giusto per sei mesi, poi per dieci anni è diventata ‘whatever mistakes'”.

Per l’ex ministro dell’Economia, quindi, “dopo dieci anni di moneta creata dal nulla evidentemente hai un effetto. In America è minore perché hai ancora un’autorità politica, da noi è maggiore perchè l’autorità politica per dieci anni si è appiattita sull’illusione della moneta. A Francoforte due anni fa al cambio delle consegne da Mario Draghi a Lagarde, in platea ad applaudire c’erano tutti i capi di Stato e di governo europei: voi avreste visto Adenauer, De Gasperi, De Gaulle o Khol in platea ad applaudire? È segno che l’asse del potere si sposta dai popoli alla finanza”.

Tremonti si smarca poi dalla leader del suo partito Giorgia Meloni che, commentando le scelte della Bce, aveva detto di temere “che più che contenere l’inflazione” il rialzo dei tassi “possa comprimere ulteriormente un’economia che già sta stentando”. Secondo Tremonti, però, il rialzo dei tassi dopo anni di neutralità è una scelta obbligata: “Tu non puoi stare anni e anni coi tassi sotto zero, adesso salire è uscire da una roba che non aveva senso. Anche Marx, che di economia ci capiva, diceva che i tassi zero saranno la fine del capitalismo”.

E a chi, in questa campagna elettorale, evoca il ‘pericolo fascismo’, Tremonti manda un messaggio chiaro: “Se questi pirla continuano, si rischia Weimar. E Weimar porta anche a quella roba lì. Vada alla Bce e glielo chieda, cosa succede coi tassi d’interesse”.

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