Dal 26 settembre Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, e tutti gli altri?

ROMA – Che vergogna sentire il patriarca di Russia ‘benedire’ i giovani soldati mandati al macello in Ucraina, per garantire a lui e alla cricca di Putin di poter continuare a spassarsela, promettere che nel caso fossero uccisi si ritroverebbero subito con Dio in paradiso. Simili personaggi, che umiliano e svergognano la missione di chi dovrebbe rappresentare Dio in Terra, quando sarà dovrebbero essere chiamati a rispondere delle loro malefatte di fronte al Tribunale dell’Aja, insieme a quanti si sono macchiati di crimini di guerra.

Per non parlare del nostro nonno Berlusconi, sorretto a braccia ieri sera a Roma alla manifestazione del centrodestra, che se ne esce giustificando i massacri del suo amico Putin il matto che voleva soltanto, parola di Berlusconi, sostituire il governo legittimo dell’Ucraina con persone da lui giudicate migliori. Alla faccia della difesa della libertà che lo stesso Berlusconi si è messo a gridare dal palco.

Forse non è stato uno svarione, forse è stato l’ennesimo regalo avvelenato per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che si appresta a stravincere le elezioni e che sta facendo di tutto per rassicurare le piazze internazionali sulla sua affidabilità. Questo ci tocca vedere in queste ultime ore di campagna elettorale in vista delle elezioni politiche più pazze del secolo.

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Tralasciando per un attimo i tanti guai che abbiamo come Italia, dalla crisi economica che si vede alle porte, all’inflazione che galoppa con super bollette e stipendi che perdono valore giorno dopo giorno, il problema in più, non da poco, che ci aspetta già da lunedì 26 settembre è la guerra che si aprirà all’interno delle forze politiche: del centrodestra, sia pure vincente, e del centrosinistra perdente.

Salvini e Berlusconi, e Giorgia lo sa, anche prendendo la mazzata elettorale non se ne staranno buoni a leccarsi le ferite. Al contrario, cominceranno subito a reclamare visibilità, equilibrio dentro la coalizione vincente. Tradotto, vorranno più ministeri di quelli che potrebbero rivendicare. Ma Giorgia lo sa, fa politica da quando aveva 16 anni, ne ha viste tante in decenni e decenni di politica, e non si farà mettere nel sacco da chi, volente o nolente, non rappresenta più il passato glorioso, quando si prendevano tanti voti, ma il tristissimo presente di chi non conta più.

Veniamo al centrosinistra, altro capitolo di guai in arrivo. Ci sono state due avvisaglie preoccupanti, che fanno parte di un vecchio modo di fare da quelle parti. La visita in Germania di Letta per chiedere una mano alla Spd che subito lancia l’allarme: arrivano i sovranfascisti; poi l’intellettualone francese, buono per ogni stagione e per ogni ingiustizia, che dalla tv pubblica ci viene a dire che se il popolo italiano vota Meloni e il centrodestra allora sbaglia e quel voto non vale. Infine, pure le minacce della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Ecco, sono segnali di debolezza, che disprezzano l’intelligenza del comune cittadino. Quasi che questi non fosse capace di discernere. Vecchio vizio di una vecchia sinistra, rimasta ancora lì: il ‘partito’ ha ragione e il popolo va educato, istruito. E se non segue le indicazioni è il popolo che sbaglia, non una classe politica che già da tempo avrebbe dovuto almeno tentare fortuna riscoprendo il lavoro agricolo. O, se troppo dura la cura dell’orto, della lettura solitaria su qualche bella spiaggia.

È tempo di dire basta col vecchio andazzo, se il risultato del Pd di Enrico Letta non sarà almeno vicino al 23 per cento (capirai) sarà chiaro che non basta più essere sempre pronti a governare per il bene del Paese, a prendersi incarichi di responsabilità per conto degli altri irresponsabili… Basta con queste stupidaggini. Che almeno l’opposizione serva a riprendere contatto con il Paese reale, con quel ‘popolo puzzolente’ schifato da certa nomenclatura snob che si è ingrassata in questi decenni tra centro e sinistra.

Lasciare subito gli incarichi, mentre chi sarà eletto e avrà il posto e un buono stipendio assicurato per i prossimi anni, che almeno si metta a disposizione di una nuova e rinnovata dirigenza senza mettere bastoni tra le ruote. Il Pd, come si è visto in questi anni, ha finito di attrarre, anzi respinge. Respinge i tanti, sono davvero tanti, che continuano a darsi da fare a livello sociale, che vorrebbero aver peso politico ma quando si avvicinano al partito si chiede loro di aderire a questa o quella corrente, di mettersi sotto questo o quel caporione. Basta, non se ne può più.

Ormai lo schema classico di partito è superato, non regge più con quanto accade oggi. L’organizzazione politica si deve aprire alle tante realtà che lavorano nella società, non chiedendo di tesserarsi ma mettendosi a loro disposizione. Aprire porte e finestre mentali alle nuove esigenze, creare strutture federali di adesione sui diversi temi. Affiancare le loro azioni politiche e chiedere ai propri rappresentanti parlamentari di portarle dentro le istituzioni e scatenare dibattito, confronto e trasformarle in leggi. Ci vuole coraggio, anche per capire che è tempo di mettersi da parte, che bisogna rischiare anche di far ‘sbagliare’, ma che tocca ad una nuova generazione mettersi al servizio di quelle idee immortali – giustizia sociale, uguaglianza nei diritti, tutela del nostro Pianeta – che chi ha governato finora ha tradito o non saputo concretizzare.

Se poi ci sarà il miracolo, col Pd prima forza politica in Italia, allora significa che toccherà a me dedicarmi all’orticello. E comunque, basta sonno della ragione: è tempo di svegliarsi.    

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