Organo di controllo e revisori svelano la crisi in due step

Due step per far emergere con anticipo la crisi d’impresa: uno interno, nel quale l’organo di controllo e i revisori allertano l’organo amministrativo, e uno esterno, nel quale viene coinvolto l’organismo di composizione della crisi. È una delle novità più rilevanti del Codice della crisi d’impresa (Dlgs 14/2019), che ha previsto una fase stragiudiziale nella quale, usando alcuni strumenti di allerta, si tende a far emergere precocemente la crisi, cioè una difficoltà economico-finanziaria dell’impresa che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa a far fronte alle obbligazioni assunte. Prima di arrivare alla insolvenza conclamata, che trova possibile soluzione nelle procedure giudiziali di regolazione della crisi (liquidazione giudiziale, concordato preventivo, piani attestati, accordi di ristrutturazione) si tenta di far rientrare in bonis l’impresa anche con l’intervento dell’organismo di composizione della crisi che agisce nel favorire un accordo stragiudiziale con i creditori. I primi interventi Per intercettare tempestivamente la crisi, serve che qualcuno la faccia emergere fin dal suo stato embrionale. È qui che si colloca la novità prevista negli articoli 14 e 15 del Codice della crisi d’impresa. Infatti viene posto a carico dell’organo di controllo societario e del revisore contabile l’obbligo di segnalare situazioni di difficoltà e di squilibrio economico finanziario, prevedendo conseguenze significative per l’omissione di tale adempimento, che certamente rappresenterà un elemento di criticità nei rapporti tra impresa e organi di controllo e revisione stessi. La corretta e puntuale segnalazione, inoltre, permette agli organi di controllo di evitare la chiamata in causa quali responsabili solidali con gli amministratori del dissesto aziendale. Gli indicatori della crisi A questo punto, diventa necessario fornire qualche indicatore oggettivo che renda meno arbitrario rilevare l’insorgenza della crisi. Per raggiungere questo obiettivo, l’articolo 13 definisce come indicatori della crisi gli squilibri di carattere economico-finanziario-patrimoniale rilevabili tramite specifica indici di bilancio, in base ai quali emerga la sostenibilità dei debiti per un arco temporale futuro di almeno sei mesi. La creazione di questi indici è demandata al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che li redigerà con cadenza triennale, fermo restando che l’impresa che li ritenesse non applicabili alla propria realtà, facendolo emergere nella nota integrativa, potrà elaborare propri indici, la cui adeguatezza dovrà essere attestata da un professionista indipendente. L’iter della concreta attuazione degli strumenti di allerta sarà quindi il seguente: • l’organo di controllo societario e i revisori contabili, sulla base di indici di bilancio elaborati dal Cndcec (o propri dell’impresa), verifica l’insorgenza della crisi aziendale • immediatamente segnala tale stato all’impresa (in primis ai suoi organi amministrativi) tramite comunicazione via Pec o altro strumento che permetta di riscontrarne la ricezione, assegnando un lasso temporale di trenta giorni per fornire risposte adeguate. Quella sopra enunciata è la cosiddetta fase «endogena» degli strumenti di allerta. Dopo questa fase, se l’impresa non fornisce risposte adeguate, inizia la fase «esogena»: gli stessi organi di controllo sono tenuti a informare l’organismo di composizione della crisi (costituito presso ciascuna Camera di commercio), che inizierà il procedimento per tentare di risolvere la crisi, considerando che se l’esito fosse negativo, il successivo passo è la composizione giudiziale (liquidazione giudiziale, concordato preventivo). Le criticità Se la procedura vede concordi il debitore e gli organi di controllo nel rilevare l’insorgenza della crisi, può essere di grande aiuto per l’impresa. È altrettanto chiaro che se il debitore “subisce”, invece, lo strumento di allerta, da esso si innesca un percorso che può portare alla cessazione giudiziale della attività, e da qui la comprensibile criticità sia nei rapporti tra impresa e organi di controllo, sia in senso generale (circolare Assonime 19/2019, paragrafo 7). Per far fronte a questa criticità l’articolo 14, comma 3, del Codice stabilisce che la segnalazione eseguita non è giusta causa di revoca dell’incarico di controllo o revisione. Da questo scenario emerge che mentre oggi l’impresa può pensare di non trovarsi in stato di crisi o di poter gestire “in proprio” una situazione di temporanea (o quantomeno ritenuta tale) difficoltà, con l’avvento del Codice della crisi (15 agosto 2020), tutto diventerà più oggettivo e i comportamenti con i quali l’impresa tenta di autofinanziarsi (inottemperanza alle obbligazioni verso i fornitori o verso l’Erario) potranno causare il conclamarsi di una crisi, almeno nel suo stadio embrionale, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi.

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