70 minuti di discorso e 70 applausi per Meloni. Che nel finale si commuove

ROMA – Un’ora e dieci minuti per l’esordio ‘del’ neopresidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera dei deputati. Settanta minuti in cui la premier ha illustrato le linee programmatiche del suo governo senza tradire quell’emozione palpabile il giorno del giuramento dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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La prima donna capo del Governo nella storia d’Italia si è lasciata andare solo al termine del suo eloquio, lasciando cadere i fogli sullo scranno e coprendosi il volto con le mani. Come dire, il primo passo è fatto, ora mancano ‘solo’ cinque anni di Governo del Paese.

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Tailleur blu scuro, t-shirt bianca, capelli sciolti e piglio sicuro tra i due suoi vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Fogli in mano a cui ogni tanto lanciava un’occhiata ma sguardo rivolto verso l’aula per cercare di andare il più possibile a braccio, e gesticolazione ridotta al minimo. Quindi i due leader ai suoi lati: cenni di assenso a ogni passaggio del discorso per Tajani e applausi di Salvini. In generale tra i due regna la compostezza.

Il leader della Lega le ha riservato anche due abbracci, all’inizio del discorso e alla fine. Per il resto, la seduta scivola via senza particolari scossoni, con i deputati a tributarle circa 70 applausi e una decina di ovazioni. Per tre volte in piedi anche i 23 ministri. Gli applausi prolungati hanno anche suscitato l’ironia del capo del Governo: “Qui finiamo alle 14”, ha detto rivolgendosi a Salvini alla sua destra.

L’opposizione ha preso parte al battimani in cinque passaggi. Quando la premier ha citato Sergio Mattarella, le vittime dell’alluvione nelle Marche, l’impegno dei sanitari durante la pandemia, Papa Francesco, le Forze armate e l’ex presidente Mario Draghi. In quest’ultimo caso, senza il contributo dei deputati del Movimento 5 Stelle rimasti in silenzio al loro posto.

Mugugni e stizza dai pentastellati anche quando Meloni ha annunciato modifiche al reddito di cittadinanza, mentre a pochi metri dai loro scranni, invece, si spellavano le mani renziani e calendiani.

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