C’è la deadline, entro il 15 novembre il destino del centrosinistra ‘largo’ nel Lazio

ROMA – Metà novembre. È la deadline entro la quale si conosceranno squadre e candidati del centrosinistra e del centrodestra alle prossime elezioni regionali nel Lazio. La data ancora non è certa ma, salvo colpi di scena, il voto si terrà il prossimo 5 febbraio. Il governatore e neodeputato del Pd, Nicola Zingaretti, ha ricevuto dalla Giunta per le elezioni del Consiglio regionale la notizia della sua incompatibilità e quindi della necessità di optare tra le due cariche. Ovviamente sceglierà di dimettersi da presidente e intende farlo entro il termine dei 10 giorni dalla comunicazione (anche se in realtà i termini sarebbero più laschi). Per questo la data segnata col circoletto rosso sul calendario per il suo addio dopo 10 anni di mandato è quella del 4 novembre. La notte tra giovedì e venerdì della prossima settimana il Consiglio regionale avrà approvato il provvedimento collegato alla legge di stabilità, quindi Zingaretti si dimetterà e fisserà le elezioni per la prima domenica di febbraio.

Qualche consigliere pensa che non sia ancora del tutto peregrina la possibilità di uno slittamento di una settimana dell’approvazione del collegato con conseguente scivolamento del voto dal 5 al 12 febbraio ma appare molto complicato. Anche perché, ad esempio, Fratelli d’Italia non ha presentato alcun emendamento (dei 600 presenti) al provvedimento, segno che vuole sbrigarsi a mettere fine alla legislatura e che sarebbe pronta a impallinare Zingaretti su questo. Inoltre, nei corridoi della Pisana, si racconta di un evento di chiusura della stagione zingarettiana in Regione fissato proprio per il 4 novembre a piazza di Pietra. Un appuntamento che non avrà esattamente i contorni di una festa. Perché il campo largo del centrosinistra al momento ha davvero poche chance di essere riproposto alle prossime elezioni e questo significherebbe vittoria del centrodestra.

Il lavorio del Pd per tentare fino all’ultimo di salvare il ‘Modello Lazio’ non si ferma. Il principale nodo da sciogliere è quello del M5S. Secondo ciò che risulta all’agenzia Dire, Giuseppe Conte non avrebbe chiuso agli interlocutori nazionali dem (in particolare a Francesco Boccia, responsabile organizzazione del partito). Il leader pentastellato ci sta pensando ed è tentato dall’avventura solitaria, con l’obiettivo di risultare il primo partito del fronte progressista e guidare una futura coalizione nazionale con il Pd dopo che il partito del Nazareno avrà celebrato il suo congresso. I Cinque stelle del Lazio, che non hanno mai nascosto la loro volontà di proseguire col campo largo, incontreranno Conte alla fine della prossima settimana cercando di convincerlo che gli elettori pentastellati vogliono la prosecuzione del Modello Lazio, anche perché unica opzione possibile per cercare di vincere le elezioni.

Ma per arrivare a dama serve una “prova d’amore” da parte del Pd e in questo senso sono state interpretate nei corridoi del Consiglio regionale le parole dell’assessora alla Transizione ecologica, Roberta Lombardi, che – facendo leva su una proposta dei neo senatori e quasi ex consiglieri capitolini di FdI, Andrea De Priamo e Lavinia Mennuni – ha invitato il Pd a prendere le distanze dalla scelta del sindaco Gualtieri, in qualità di commissario di Governo, di realizzare a Roma un inceneritore da 600mila tonnellate. Una mossa poco comprensibile per i dem della Pisana, perché ritengono di essersi già espressi politicamente sul tema, vietando la costruzione di inceneritori nel Lazio all’interno del piano regionale dei rifiuti approvato nell’agosto del 2020, e perché la questione è ormai stata sottratta a qualunque tipo di intervento da parte della Regione proprio con la concessione dei poteri straordinari a Gualtieri, che in virtù di questi può andare in deroga anche alle prerogative dell’ente di via Colombo.

L’impressione diffusa è che le chance di accordo col 5 Stelle siano ridotte al lumicino o al massimo possano passare per la proposta da parte di Conte di un candidato capace di “mettere in difficoltà” il Pd. In questo senso circola il nome di Fabrizio Barca, ex ministro per la Coesione territoriale nel governo Monti e attuale coordinatore del Forum Disuguaglianze Diversità. Senza accordo con i 5 Stelle verrebbe subito meno la possibilità di costruire il campo largo e a quel punto il Pd cercherebbe di costruire un’alleanza col Terzo Polo (che pure non sembra ostile alla coalizione ampia). In questo quadro il candidato più “forte” appare Alessio D’Amato. L’assessore regionale alla Sanità, da sempre sostenuto da Carlo Calenda, il prossimo 10 novembre terrà un evento pubblico al Teatro Brancaccio di Roma dove ribadirà di essere in campo. Differentemente da lui, il vicepresidente della Regione, Daniele Leodori, ha scritto chiaramente su Facebook che lui sarà disponibile a candidarsi solo se resterà in piedi il Modello Lazio, che va dalla sinistra ad Azione, passando per Pd e M5S. Un modo per “intestarsi” politicamente questa linea, sgombrare il campo da eventuali alibi legati al suo nome e cercare di richiamare tutti gli alleati alle loro responsabilità dopo quasi due anni di amministrazione insieme.

Tra il 10 e il 15 novembre si scriverà la parola fine a questa telenovela. E sempre entro la metà del mese prossimo si conoscerà il nome del candidato presidente del centrodestra. Il tempo (una settimana) di chiudere anche formalmente (col giuramento) la partita delle nomine di viceministri e sottosegretari e poi Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e gli altri alleati di questo campo si riuniranno per la scelta. Che spetterà al partito della neopremier, Giorgia Meloni. Il presidente della Croce Rossa Internazionale, Francesco Rocca, al momento è ancora in pole position, secondo quanto risulta all’agenzia Dire. Ma resta forte anche il nome della neodeputata e ormai ex consigliera regionale (ha annunciato di essersi dimessa oggi), Chiara Colosimo.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

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