‘Tutti al Senato’. Ma a Palazzo Madama la coperta della maggioranza è corta

ROMA – Troppi senatori al Governo. Dopo le nomine dei ministri ecco la carica delle poltrone di sottogoverno che a Palazzo Madama rischiano di stravolgere gli equilibri della maggioranza. Facciamo due conti. Fra i ministri, i 31 sottosegretari e gli 8 viceministri si contano 19 senatori che possono incidere sulla soglia dei 116 su cui ipoteticamente può contare il centrodestra nella Camera alta. Il condizionale è d’obbligo visto che viceministri e sottosegretari possono comunque partecipare ai lavori d’aula e delle commissioni, ma è molto facile che per impegni istituzionali possa accadere che alcuni di questi siano costretti a disertare i lavori parlamentari.

I NUMERI DELLA MAGGIORANZA AL SENATO

E allora come cambierebbe la geografia politica di Palazzo Madama? I senatori di centrodestra sono 116 su 206 totali, 9 però sono stati nominati ministri e 10 sottosegretari, il che porta a 96 il numero dei senatori di maggioranza togliendo anche il presidente del Senato Ignazio La Russa, che non vota. Una quota inferiore alla maggioranza assoluta fissata a 104, conteggiando anche i 6 senatori a vita. Si tratta di una situazione al limite, tanto che il Governo è al lavoro per procedere alle sostituzioni dei senatori che compongono l’esecutivo con altri liberi da impegni istituzionali.

IL RISCHIO NELLE COMMISSIONI

Infatti il problema non si pone solo in Aula, ma soprattutto nelle Commissioni. Nel caso di votazioni ‘calde’ in aula, infatti, di solito il Governo si presenta a ranghi serrati. Più difficile garantire i numeri in commissione. Ed è indubbio che se la maggioranza dovesse andare sotto durante una votazione nelle Commissioni sarebbe un dato politico da non sottovalutare.

In attesa dei sostituti il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, in un’intervista al Quotidiano nazionale, ha ammonito i neoincaricati: “La nostra è una maggioranza politica e ha il dovere di essere autosufficiente. Del resto se uno è sottosegretario o viceministro non è che gli viene meno l’impegno di venire in aula per votare i provvedimenti”. Una raccomandazione comprensibile, anche se va verificata alla prova dei fatti.
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