I grandi evasori fiscali non evadono ma eludono

C’è da essere sconfortati. Oppure no, se si appartiene alla congrega di quelli che ritengono la Politica l’arte del possibile. Ma sì, se si appartiene alla categoria di quelli che considerano dovere di uno statista amministrare il Paese secondo ciò che è giusto. Scrivo per entrambi, per quelli che pensano alle prossime elezioni, allo stipendio, al vitalizio; e per quelli che fanno il proprio dovere, in attesa di tornare a fare il lavoro da cui provengono. E bastato che il presidente del consiglio affrontasse il tema dell’evasione fiscale e tutti si sono scatenati: distinguo, ricette, appelli. Su tutti, il «ben altro»: bisogna perseguire i Grandi Evasori, non si può perseguitare quelli che tirano la carretta. Elenco alcuni fatti incontrovertibili. 1) I Grandi evasori non evadono. Eludono. Allocano le sedi delle loro aziende in paradisi fiscali (europei: Gran Bretagna, Olanda, Liechtenstein su tutti) dove le leggi tributarie sono più favorevoli. Questo comportamento non costituisce (e non può, si tratta di applicazione di legge) reato. L’unico modo di combatterlo è l’armonizzazione fiscale, quantomeno europea. Ovviamente non si è mai fatta perché i benefici che gli stati paradisiaci ne ricavano sono enormi. In ogni modo non è cosa che possa risolvere, da solo, lo Stato italiano. Sicché predicare arrogantemente che «bisogna perseguire i «Grandi Evasori» è solo un modo per eludere (appunto) il problema e opporsi a misure effettivamente utili. 2) L’evasione fiscale in Italia oscilla tra i 110 e i 150 miliardi di euro. Valutazioni di Corte dei Conti, Camere di Commercio, Istat e altri numerosi organismi indipendenti. 3) II gettito fiscale annuo dovuto a Imposte Dirette (variabile, tra i 130 e i 150 miliardi l’anno) è fornito per oltre il 90% da lavoratori dipendenti e pensionati che costituiscono circa 1’85% della massa dei contribuenti; il residuo 9/10% è formato da commercianti, imprenditori, professionisti, insomma dalle partite Iva (circa il 15% della platea dei contribuenti). 4) Lavoratori dipendenti e pensionati non possono evadere se non in misura minima: le imposte vengono trattenute alla fonte. Gli Enti di cui al numero due hanno calcolato in circa il 4% della massa di reddito evaso (i 110/150 miliardi) quello attribuibile a queste categorie (lezioni private, imbianchini e idraulici a tempo perso etc.) 5) II resto dell’evasione è attribuibile con assoluta certezza alle partite Iva. Si tratta del notissimo «nero», la percezione di compensi non registrati in contabilità. 6) La percentuale di controlli (accertamenti) è pari a il 8/9% delle dichiarazioni presentate. Detta in altro modo, chi evade ha il 92% di possibilità di non essere controllato. Sicché l’evasione fiscale è praticamente immune da sanzioni, sia tributarie che penali. 7) La cultura dei cittadini italiani è caratterizzata dalla sottovalutazione della gravita dell’evasione fiscale. Si considera appropriato che uno scippatore o un ladro in appartamento che si impossessi di qualche centinaio (nel primo caso) o qualche migliaio (nel secondo) di euro sia punito con 4/5 anni di galera, anzi si auspica maggiore severità. E si solidarizza con chi evade decine o anche centinaia di migliaia di euro. La conseguenza di questa «mancanza di capitale sociale» (la definizione, quanto mai appropriata, è di Carlo Cottarelli) è il motivo per cui la legislazione penale in questo settore è talmente permissiva da risultare del tutto inefficace. 8) In ogni modo, le «manette agli evasori (di cui si parla a sproposito dal 1982 !) sarebbero vanificate, anche ove si adottasse una legislazione penale più severa. Il sistema giudiziario/carcerario è costruito in modo da garantire ai delinquenti una quasi totale impunità. Pene fino a due anni di reclusione non si scontano per via della sospensione condizionale; pene fino a 4 anni di reclusione non si scontano per via dell’affidamento in prova ai servizi sociali; ogni anno di reclusione nominale vale in realtà 7 mesi e mezzo, con la conseguenza che ogni pena, anche elevata, inflitta dalla magistratura è, nella pratica, ridotta alla metà. È ovvio che nessun evasore fiscale sia mai andato in prigione (salvo che, accanto all’evasione, abbia commesso altri reati considerati più gravi, tipo bancarotta, corruzione ecc). Tutto ciò premesso, è incontrovertibile che la lotta all’evasione deve essere fatta in via preventiva, rendendola di fatto impossibile. Ciò si può fare con due semplici provvedimenti. a) Impedire l’uso del contante. Ogni pagamento (anche per un caffè, ogni giorno si evadono le imposte sulla vendita di centinaia di migliaia di caffè) deve essere effettuato con bancomat o carta di credito. Il collegamento dei pagamenti e degli incassi con l’Anagrafe tributaria non presenta alcuna difficoltà tecnologica. Quanto all’aggravio di spesa rappresentato dalla commissioni bancarie (ridicolo; e ciò nonostante, si tratta di argomento seriamente cavalcato dai difensori dell’evasione fiscale), il problema può essere eliminato da leggi che lo eliminino o dall’intervento dello Stato che si assuma questa spesa. Che sarebbe largamente coperta dal maggior gettito risultante dal recupero dell’evasione. b) Utilizzare l’evidente conflitto di interessi tra fornitore e cliente. Se tutte le spese (dal caffè alla parcella del dentista) fossero integralmente detraibili (base imponibile e Iva), il cliente avrebbe interesse a pretendere il pagamento elettronico. Di più: l’utilizzo del Pos non richiederebbe nemmeno l’impegno necessario per compilare una fattura, tutto sarebbe tracciato e tracciabile. Un esempio rende evidente quanto appena scritto: idraulico, meccanico, medico, avvocato. Ipotizzando un reddito per entrambi di 40.000 euro e dunque una aliquota marginale di imposta uguale e una conseguente imposta diretta complessiva di 14.970 euro (calcolando le varie aliquote di imposta effettive), la detrazione di 4.000 euro (importo dell’operazione) da parte del cliente porterebbe il suo reddito imponibile a 36.000 euro, con un imposta pari a 13.450. Dunque la perdita dell’Erario con riferimento al cliente sarebbe pari a 1.520 euro. Ma l’Erario incasserebbe dal fornitore 800 euro di Iva che, senza pagamento elettronico, questi non verserebbe mai; e inoltre il reddito del fornitore salirebbe a 43.200 con un imposta pari a 16.186 euro, con un incremento di 1.216 euro, per un totale di maggiori imposte (Iva e Imposte dirette) pari a 2.016 euro. 2.016 contro 800. Mi pare un buon affare per l’Erario. Da moltiplicare per N volte. Perché banalità di questo tipo non sono adottate? Perché i cittadini italiani sono, appunto, privi di etica sociale. Rubare allo Stato, utilizzare servizi cui non hanno contribuito (ospedali, strade, polizia, magistratura, scuole et) è titolo di merito nel loro ambiente, addirittura «legittima difesa» (copyright Berlusconi) contro lo Stato di cui, evidentemente, non si sentono parte. In questo contesto occorre una classe politica formata, almeno in parte, da statisti e non da politici. C’è solo da augurarsi che il presidente Conte voglia inaugurare una stagione di questo tipo.

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