Commercialisti, la svolta

La professione di dottore commercialista è a un punto critico. Sono numerosi gli elementi che testimoniano che qualcosa, di importante, sta cambiando. In particolare: l’evoluzione delle tecnologie informatiche, le dinamiche politiche e giuridiche soprattutto in tema di lotta all’evasione, gli andamenti demografici della professione. Se c’era bisogno di una conferma questa è arrivata con il sondaggio ItaliaOggi/MG Research, che sarà presentato oggi, alla prima giornata del Forum nazionale dei commercialisti che si svolgerà a Milano. Dalle risposte dei professionisti emerge che la principale criticità avvertita dalla categoria è l’aumento degli oneri burocratici, amministrativi e fiscali. Alla faccia della semplificazione fiscale, che viene sbandierata dai governi di turno a ogni occasione da almeno 15 anni Un altro elemento interessante è relativo alla tipologia di studio: il 78% dei commercialisti lavora in uno studio con titolare unico e solo il 19,2% in uno studio associato. Rara (sempre sotto il 10%) la presenza di altri professionisti, consulenti del lavoro o avvocati. Anche la tipologia della clientela, nella maggior parte dei casi composta da piccole imprese o da clienti privati, denuncia una relativa fragilità della professione, che si troverà a breve ad affrontare sfide non indifferenti: su queste pagine più volte si è anticipata l’intenzione dei responsabili del ministero dell’economia e dell’Agenzia delle entrate di andare in tempi brevi verso l’obbligo di fatturazione elettronica anche tra i privati, ora è arrivata la conferma, con la bozza di legge di Bilancio 2018, che lo introduce a partire dal 1 gennaio 2019. E non si tratta solo di un adempimento burocratico in più, che dovrà essere gestito, al solito, in tempi piuttosto brevi e senza che nessuno si preoccupi di prevedere e trovare le soluzioni ai mille problemi che si evidenzieranno solo a partire dalla sua entrata in vigore. II direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Ruffin, ha già dichiarato che la disponibilità di questi dati metterà la sua struttura in grado di realizzare sia le dichiarazioni (Iva e dei redditi) precompilate per le pmi sia la contabilità e persino i modelli di pagamento precompilati. E solo questione di tempo, ma la volontà politica è chiara. La conseguenza è che una serie di adempimenti che danno da mangiare alla fascia bassa della professione di commercialista sarà tolta dal mercato. Soffriranno soprattutto i piccoli studi, più numerosi al Sud e nelle Isole. Sopravviverà chi riuscirà a capire per tempo l’evoluzione del mercato e a trovare modalità di adattamento efficaci. E qui cominciano i problemi. Dal sondaggio di ItaliaOggi / MG Research emerge infatti che tra le misure che i professionisti stanno pensando di adottare per migliorare la loro posizione sul mercato, la più gettonata è la diversificazione della clientela (quasi il 15% delle preferenze). Al secondo posto, con un distacco notevole, la crescita degli investimenti in software (6,5%) e al terzo posto ancora la diversificazione dei servizi erogati (6,2%). Al contrario, il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei commercialisti, Massimo Miani, che certamente ha ben chiara la situazione della sua categoria e gli scenari politici che si trova davanti, sostiene che la soluzione è quella della specializzazione: solo attraverso un progressivo affinamento delle proprie competenze in settori ad alta profittabilità e dove ancora non c’è molta concorrenza, il professionista può sperare di non essere inghiottito dalla palude delle dichiarazionicontabilità, che tra pochi anni si ridurrà, ben che vada, alla apposizione di un visto di conformità su un lavoro già precompilato dall’Agenzia delle entrate. Questi gli scenari di partenza: nei tre giorni di dibattito che si aprono oggi all’ Hotel Melià di Milano, l’obiettivo di tracciare una rotta verso la professione del futuro.

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