Pensioni e lavori gravosi, 15mila deroghe

Circa 15mila lavoratori. È questo il bacino che potrebbe essere interessato dall’estensione alle 11 categorie di lavori gravosi collegate all’Ape sociale della neutralizzazione fino al 2026 dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, già prevista dal 1 gennaio di quest’anno per le attività “usuranti” dalla legge di bilancio 2017. Una platea che potrebbe arricchirsi ulteriormente, rimanendo comunque abbondantemente sotto quota 20mila lavoratori, nell’eventualità in cui, con una modifica all’attuale manovra all’esame del Senato il mini-stop all’innalzamento automatico della soglia pensionabile a 67 anni nel 2019 (e per altri 7 anni), venissero aggiunte anche le categorie dei siderurgici, gli agricoli e i marittimi all’elenco dei “gravosi”. Al momento proprio questa sembra essere l’ipotesi più gettonata tra quelle al vaglio del Governo(almeno altre due) per dare una risposta al pressing dei sindacati e di una parte della maggioranza che chiedono il blocco dell’aumento dell’età pensionabile. E non è escluso che questa opzione faccia capolino oggi pomeriggio a palazzo Chigi nel corso dell’incontro con Cgil, Cisl e Uil, fissato dal premier Paolo Gentiloni per affrontare il nodo-pensioni. Ma la partita resta aperta. Anche perché al Senato sono già stati depositati in Commissione emendamenti bi-partisan al dl fiscale per rinviare il decreto direttoriale necessario per rendere operativo entro il 31 dicembre il ritocco a 67 anni della soglia pensionabile per effetto dell’aggiornamento dell’aspettativa di vita certificato il mese scorso dall’Istat. Primo fra tutti c’è un ritocco del Pd a firma Erica D’Adda che punta a un rinvio di 6 mesi, così come un correttivo di Mdp. Sel e M5S chiedono invece di sospendere l’automatismo fino al 2022 e la Lega fino al 2020. Una soluzione, quella del rinvio amministrativo, che nell’immediato non avrebbe ricadute sulla “cassa” ma che non è vista di buon occhio dal ministero dell’Economia perché rischierebbe di mettere a repentaglio la stessa impalcatura contabile della manovra Via XX settembre non chiuderebbe invece la porta a un intervento finalizzato a introdurre una mini-deroga (operativa o “di fatto”) agendo sul perimetro dell’Ape. In questo caso il correttivo sarebbe limitato e, a seconda della misura adottata, comporterebbe un costo limitato (dai 90 ai 200 milioni). E allo stesso tempo non verrebbe messa a rischio la sostenibilità nel breve e medio periodo garantita al sistema pensionistico dalla riforma Fornero, considerata a Bruxelles come un baluardo all’esplosione della spesa previdenziale. L’idea sarebbe quella di esentare almeno per un certo numero di anni dal “meccanismo automatico” sull’età pensionabile i lavori gravosi individuati con il decollo dell’Ape social, lasciando anche aperta la possibilità di estendere ulteriormente il bacino seppure misura limitata Sulla base di questo schema siderurgici, agricoli e marittimi potrebbero aggiungersi alle n categorie di lavori già previste: operai dell’industria estrattiva e dell’edilizia, conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni, conciatori di pelli e di pellicce; macchinisti ferroviari, conduttori di mezzi pesanti e camion, infermiere e ostetriche ospedaliere, addetti all’assistenza personale di persone non autosufficienti, professori di scuola pre-primaria, facchini, addetti ai servizi di pulizia e operatori ecologici. Ma i sindacati, in primis la Cgil, non sembrano orientati ad accontentarsi di questo “correttivo”. Sul tavolo c’è una terza ipotesi (con due variabili), anche questa non sgradita al Mef la proroga di un anno o due anni della sperimentazione dell’Ape social con l’obiettivo di renderla poi strutturale o addirittura l’immediata stabilizzazione dell’Anticipo pensionistico. Nel primo caso verrebbe di fatto evitato l’aumento della soglia nel 2019 a tutte le categorie comprese nell’Ape. Con l’opzione subordinata le stesse categorie di lavoratori verrebbero di fatto escluse dal meccanismo automatico sull’età in via definitiva. E la trasformazione dell’Ape da sperimentale in strutturale non dispiace ai sindacati ma le risorse necessarie non sarebbero limitate a 100-200 milioni.

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