I professionisti spie del fisco

Professionisti obbligati a denunciare gli schemi evasivi o elusivi (e i relativi beneficiari) da loro stessi costruiti. E l’ultimo, affilato, strumento di lotta all’elusione e all’evasione fiscale lanciato dall’Ocse, che 1’11 dicembre (si veda ItaliaOggi di ieri) ha rilasciato, in consultazione pubblica, la bozza delle regole sullo scambio di informazioni e sul rapporto professionisti-evasione. L’annuncio è stato dato dal direttore del dipartimento delle finanze Fabrizia Lapecorella, intervenuta ieri al convegno «Dopo la voluntary, tra scambio di informazioni e autoriciclaggio», organizzato da Kpmg e ItaliaOggi, a Milano. II numero uno del dipartimento delle finanze ha anche anticipato la messa in consultazione da parte del ministero del nuovo testo della direttiva Ue proprio sullo stesso tema. Gli scandali Panama papers e Paradise papers hanno infatti messo in luce il ruolo decisivo dei professionisti nella costruzione delle strutture elusive e degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva. Ora si chiede agli stessi professionisti di smontare questi meccanismi, denunciando alle autorità fiscali i beneficiari effettivi, in conformità alle regole di divulgazione obbligatoria delineate nei Beps 12. Intervenendo sullo scambio di informazioni Lapecorella ha sottolineato che «l’Italia è uno dei paesi più attrezzati. Ci sono stati degli sviluppi enormi dal 2009 al 2016 e l’elemento più significativo è il riconoscimento dell’importanza di acquisire informazioni sul beneficiario effettivo di conti ed entità». Per il direttore, che è anche a capo del codice di condotta che ha predisposto le liste dei paradisi fiscali Ue, «non ci si accontenta più da parte della banca delle informazioni sull’entità ma la banca deve individuare chi è il beneficiario effettivo e trasmetterlo all’amministrazione finanziaria». Lo scambio di informazioni è iniziato il 30 settembre tra i primi 49 paesi, e Lapecorella annuncia che è stata già avviata la pianificazione di analisi di queste informazioni per contrastare i fenomeni di evasione fiscale internazionale. Per Antonio Deidda, partner Kpmg, il quadro sui paradisi fiscali è però ancora composito: «Da una parte l’attuazione dello scambio di informazioni dall’altro accordi come la voluntary disclosure. La fotografia dall’alto del lavoro svolto dall’Ocse è composita, bene nelle intenzioni ma alcuni stati si dimostrano reticenti». E il punto di vista oltrefrontiera degli effetti dello scambio di informazioni è stato fornito da Paolo Bernasconi, fondatore dello studio Bernasconi di Lugano, che ha evidenziato la crescita esponenziale delle richieste arrivate sul tavolo dell’amministrazione elvetica nell’ultimo anno: «Sono 67 mila le richieste su persone residenti all’estero che sono arrivate da amministrazioni di paesi Ocse. Nel 2000 erano poche decine e ora negli ultimi anni sono cresciute esponenzialmente». Bernasconi ha ricordato che la legislazione elvetica prevede una collaborazione volontaria permanente che ha portato in quattro anni 15 mld di incasso e che al momento nella scena politica svizzera si sta riflettendo su come rispondere alle richieste massive di gruppo. E al voto in queste settimane, ha spiegato, una proposta per utilizzare di fronte alle richieste di informazioni la legge sulla protezione dei dati: «Le banche devono dire al cliente cosa trasmettono e il contribuente potrà bloccare la richiesta se riscontra lesioni di diritto alla privacy». Il problema per il parlamento elvetico sono le richieste che arrivano da paesi come la Turchia che violano i diritti umani Sul fronte interno il direttore regionale della Lombardia, Giovanna Alessio, ha ricordato che i dati sulla voluntary disclosure hanno alimentato una particolare banca dati e che questo patrimonio sarà utilizzato nel contrasto all’evasione. Vito Giordano, a capo del Nucleo di polizia tributaria di Milano, ha confermato che lo scambio di informazioni sul beneficiario effettivo rappresenterà uno strumento importante e ha anticipato che «nel futuro prossimo non si potranno ignorare le criptovalute anche nella base dello scambio di informazioni». Mentre sulle multinazionali del web ha precisato che la Guardia di finanza «a normativa vigente osserva le strutture direct sale, strutture cioè che abbiano assistenti e collaboratori in Italia o società italiane figlie» e allo stesso tempo anche realtà medio grandi del web nostrano, che possono aver usato schemi di pianificazione di residenze fittizie.

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