Arrivano i controlli per chi ha deciso di aderire all’operazione rimpatrio dei capitali (voluntary disclosure). La Guardia di finanza, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, sta bussando alla porta dei contribuenti che hanno scelto di aderire alla procedura di collaborazione nazionale. Le Fiamme gialle stanno acquisendo i contenuti dei pc e coinvolgendo i professionisti, che hanno assistito i loro clienti. I professionisti stanno a loro volta cercando di capire quali saranno le contestazioni a conclusione della fase di accesso e ispezione da parte dei militari. Dubbi che saranno sciolti al momento della formalizzazione delle irregolarità. I controlli dell’Agenzia delle entrate, invece, si stanno attivando nel caso in cui alle istanze presentate non sia seguito il conseguente pagamento del corrispettivo dovuto all’erario. Le istanze, legate a questa particolare forma di regolarizzazione, secondo i dati resi noti dal ministero dell’economia alla conclusione della prima edizione della voluntary disclosure nel 2015 (legge 186/14), si sono fermate a 1.507. Un numero di molto inferiore rispetto alla voluntary di matrice internazionale, che ha chiuso la prima edizione a quota 127.493. Alcune indicazioni sugli step da seguire nella fase dei controlli post voluntary disclosure arrivano proprio dalla nuova circolare di programma n. 1/2018 del comando generale della Guardia di finanza (si veda ItaliaOggi di ieri). Nelle oltre 1.000 pagine c’è proprio un capitolo dedicato alla voluntary disclosure con le indicazioni ai reparti. In particolare, si osserva che, prima di intraprendere qualsiasi attività di verifica o controlli, i reparti devono riscontrare nelle loro banche dati se il contribuente, selezionato per il controllo, abbia presentato o meno istanza di collaborazione volontaria. Se, infatti, risulta che il soggetto abbia presentato richiesta di adesione alla voluntary disclosure, «prima di avviare l’attività ispettiva il comandante del reparto assumerà, in ogni caso, immediati contatti con la competente Direzione provinciale o regionale dell’agenzia delle entrate, al fine di conoscere la tipologia di istanza presentata (collaborazione internazionale o nazionale)». La corrispondenza tra il contenuto dell’istanza e l’oggetto dell’attività ispettiva dovrà far tenere presente a chi conduce i controlli di non intraprendere l’intervento a meno che non vi siano altri indici di rischio per fenomeni evasivi e di frode. Se la Gdf ferma il controllo dovrà comunque trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati e le notizie in suo possesso che l’avevano spinta verso il controllo. La verifica vera e propria scatta nell’ipotesi della non corrispondenza tra il contenuto dell’istanza e l’oggetto dell’attività ispettiva. Nella circolare 1/2018 si legge infatti che «qualora a seguito dei contatti con l’Agenzia delle entrate non dovesse essere riscontrata la coincidenza sostanziale tra le violazioni oggetto dell’istanza di voluntary disclosure e gli elementi di rischio in possesso (in quanto, ad esempio, questi riguardano disponibilità finanziarie illecitamente detenute all’estero, mentre il contribuente ha presentato istanza di collaborazione nazionale), il reparto, previo coordinamento con l’ufficio dell’Agenzia, avvierà l’intervento pianificato limitatamente ai profili non oggetto della richiesta di emersione». Comunque nel documento si evidenzia la continua comunicazione con l’Agenzia delle entrate dell’attività di verifica. La voluntary disclosure interna o nazionale – ricordiamo – consentiva di regolarizzare le violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, anche se non riguardano disponibilità illecitamente detenute all’estero.
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