Regole e cavilli costano 60 miliardi

Una montagna molto costosa di adempimenti che ingessano e rallentano il paese. E la fotografia dell’Italia (fiscale) scattata dalla Fondazione nazionale dei commercialisti durante gli «Stati generali» della categoria svoltisi ieri a Roma. Attenzione, non tutto è da buttare, ma c’è tanto (forse troppo) da aggiustare. Cominciamo dalle spese: per ogni singola partita Iva, gli adempimenti fiscali costano in media io mila euro l’anno. Un costo che, moltiplicato per i circa sei milioni di soggetti, si traduce in un totale da 6o miliardi che erano 58 nel 2014: in pratica in tre anni la spesa annuale per gli adempimenti è salita di 514 euro per ogni partita Iva. «Le strategie di contrasto all’evasione fiscale adottate dallo Stato porteranno a grandi risultati entro il 2020 — ammette Massimo Miani, presidente dei commercialisti — ma i costi della lotta all’evasione ricadono direttamente su imprese e professionisti. Se tra le strategie di contrasto all’evasione ci sono gli adempimenti, gran parte di essi sono di natura digitale: basti pensare che nel 2017 sono stati quasi 200 milioni i documenti digitali trasmessi alle Entrate (erano 100 milioni nel 2014). Numeri «enormi», secondo Miani: «Siamo di fronte a un vero e proprio boom degli invii telematici che sta generando criticità sempre più difficili da gestire e superare. A questo punto — prosegue il presidente dei commercialisti — serve una seria riflessione sull’effettiva utilità per le esigenze di controllo del fisco di accumulare nell’Anagrafe Tributaria dati sempre più analitici e numerosi. Anziché richiedere l’invio di nuovi e sempre più analitici dati, oggi è necessario concentrarsi su quelli già presenti, che sono già di per sé molto utili per l’individuazione dei soggetti a maggior rischio di evasione». Tra critiche e osservazioni, però, arriva anche una proposta alla politica: istituire un’Autorità di garanzia indipendente del contribuente, una nuova carica posta a tutela del rispetto dei principi dello Statuto del contribuente sistematicamente ignorati. Un’Authority, però, che dovrebbe essere dotata di poteri sanzionatori e coercitivi. «Difficile trovare nel nostro ordinamento — continua Miani — una legge più disattesa dello Statuto dei diritti del Contribuente. Ciò non ha certo aiutato, in questi anni, a creare quel clima di fiducia e di maggiore rispetto e collaborazione nel rapporto Fisco-contribuente in grado di garantire un più equo bilanciamento degli opposti interessi». Bene il controllo digitale, ma senza dimenticare fiducia e rispetto reciproci.

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