Il nuovo Codice antimafia recentemente entrato in vigore ha introdotto, fra l’altro, una serie di obblighi per gli amministratori giudiziari. Il legislatore, facendo verosimilmente tesoro della non sempre trasparente gestione dei beni confiscati alla mafia da parte della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, la cui ex presidente Silvana Saguto come si ricorderà è attualmente sotto procedimento disciplinare al Csm, ha voluto imporre “paletti” nell’assegnazione degli incarichi ai professionisti. Proprio per favorire una corretta applicazione delle ultime disposizioni, il Consiglio nazionale dei Commercialisti e degli Esperti contabili ha deliberato la scorsa settimana la nascita di un Osservatorio nazionale permanente sul nuovo Codice antimafia. Compito dell’organismo sarà quello di diffondere le buone prassi delle varie sezioni Misure di prevenzione e degli amministratori giudiziari. Della struttura faranno parte, oltre a esperti nazionali della materia, anche delegati della Procura nazionale antimafia e delle sezioni delle Procure di Roma, Milano e Reggio Calabria. Un monitoraggio costante dell’applicazione del Codice nelle diverse realtà del Paese. Fra gli elementi di criticità della nuova disciplina che sono stati evidenziati fin da subito dai commercialisti, va segnalato quello relativo al limite dei tre incarichi. La ratio della norma sarebbe quella di evitare concentrazioni, come accadeva appunto a Palermo, nelle mani di pochi professionisti e dare maggiore trasparenza al procedimento. Il rovescio della medaglia, però, è che con tale limite il professionista non sarà incentivato ad investire tempo e risorse per la propria specializzazione e per la migliore organizzazione dell’ufficio al fine di rendere un servizio efficace e corretto. Attualmente, poi, il numero molto ristretto (sono meno di 800) dei commercialisti abilitati per questo tipo di incarico, cioè iscritti nella sezione speciale dell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari, è fonte di più di una perplessità, a fronte di un numero sempre crescente di beni sequestrati e confiscati da parte dell’Autorità giudiziaria. Nel documento diffuso lunedì scorso dal Cndec e intitolato “La riforma del Codice antimafia: le problematiche applicative e il ruolo del professionista post riforma”, viene indicata una possibile soluzione: prevedere di affiancare, a chi già svolge tali funzioni, commercialisti con minore esperienza, anche giovani, per allargare la platea dei professionisti incaricati. Si tratterebbe di una contromisura ritenuta dai cornmercialisti, necessaria ma non sufficiente. Nel testo curato dai due consiglieri nazionali delegati alla materia, Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, si fa notare come le misure di prevenzione patrimoniali siano destinate ad aumentare, anche per l’introduzione delle sezioni specializzate: il che appunto non si concilia, di nuovo, con la «ridottissima offerta di professionisti abilitati a ricevere gli incarichi»
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