Cooperative compliance ampia

Cooperative compliance allargata alle medie imprese. E questa la richiesta che le realta societarie hanno inoltrato al ministero dell’economia e che il dicastero sta valutando in senso affermativo. Certo ci vorrà una norma attuativa ma è il sentiero e la direzione dell’attività fiscale del prossimo futuro quella di un dialogo a priori, ex ante, con l’amministrazione finanziaria e non a posteriori in sede di accertamento. E questo il messaggio consegnato da Raffele Russo senior advisor del ministero dell’economia durante il Taxday sulle novità fiscali 2018, organizzato da Dla Piper ieri a Milano. «Anche nelle raccomandazioni Ocse sulla riforma dell’Agenzia delle entrate», racconta Russo, «si parla di un avvio graduale per poi allargare la platea. Sono arrivate moltissime richieste da parte delle medie imprese in tal senso e in futuro si dovrà fare la riflessione dell’abbassamento delle soglie e l’allargamento della platea di chi può utilizzare questo strumento». La cooperative compliance prevede una costante interlocuzione, anche preventiva, su elementi di fatto per una valutazione comune di situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. Gli accordi preventivi con il fisco (allo stato ne sono firmati 10), strumento non solo di compliance fiscale ma di governance societario. «Molte aziende» commenta Antonio Tomassini, partner Dla Piper, «anche fuori cooperative ci chiedono tax control framework». La gestione del rischio fiscale arriva, dunque, anche nelle prassi ai sensi della 231 e le strutture di governance interna tendono ad affiancare ormai accanto al rischio societario quello fiscale. Durante l’incontro si sono affrontati i temi del fisco 2.0. Con particolare riguardo alla tassazione digitale su cui il 21 marzo la commissione europea butterà le carte sul tavolo e agli impatti della riforma fiscale americana. Per Tomassini valutando la riforma a stelle strisce: «Mentre è indubbio il vantaggio dalla riduzione del tax rate dal 35 al 21 per cento più complessa è l’analisi delle norme relative alla proprietà intellettuale e anti abuso che sembrano distanziarsi dal progetto Beps e dalle convenzioni multilaterali». Si è poi affrontato il capitolo delle criptovalute. Per Antonio Martino (Dla Piper) «il vero problema è che le criptovalute non è scontato che siano monete per come le intendiamo, anzi forse non lo sono. La normativa antiriciclaggio è l’unica che contiene una definizione che però si distanzia dalla fiscale. Va regolamentata (non solo fiscalmente) perché è multiuso: può servire come cambio della valuta corrente; con funzione di pagamento (non regolamentato); con funzione di trading ed estrazione/bene rifugio (come l’oro)».

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