Cumulo, Casse e lnps distanti

Una strada sterrata (ancora) senza uscita: è quella su cui poggia la norma sul cumulo gratuito dei contributi, al palo da circa 15 mesi, al centro di un contenzioso fra Inps e Casse previdenziali sulle spese gestionali delle pratiche, che non trova soluzione neppure dopo esser approdato sul tavolo del ministero del welfare. E, se le parti restano distanti (l’Inps ribadisce che gli Enti devono «far la propria parte» nel pagamento degli oneri e afferma di essere «in prima fila per far sì che un giusto principio venga applicato», l’Adepp, l’Associazione che comprende gli Istituti dei professionisti, non intende corrispondere altro che le spese postali e bancarie, così come previsto dalla convenzione sulla totalizzazione, e invoca l’avvio immediato della liquidazione degli assegni), non si sbloccano i trattamenti di chi ha fatto domanda riunendo i versamenti «frammentanti», usufruendo della chance permessa dalla legge 236/2016. All’indomani di uno scontro verbale fra i vertici degli organismi che gestiscono la previdenza pubblica e privata, dopo la firma della convenzione che dovrebbe regolare il cumulo da parte delle Casse e la successiva ricusazione dell’Inps per la «modifica ad arte» del testo, ritenuto non più valido, fonti dell’Adepp mettono in evidenza a ItaliaOggi il «silenzio assordante» dei dicasteri vigilanti (welfare ed economia): se, infatti, dagli uffici di via Veneto interpellati nei giorni scorsi sarebbero giunte sollecitazioni a cercare una negoziazione volontaria fra le parti per sciogliere il nodo dell’attribuzione degli oneri (65,04 euro per caso trattato, in «misura proporzionale» alle rispettive quote di prestazioni erogate), è stata notata «l’assenza totale» del ministero di via XX Settembre, seppur il tema del cumulo abbia «implicazioni finanziarie evidenti». Ma quale sarebbe, poi, il «peso» effettivo sui bilanci degli Enti? Non trascurabile, giacché, ad esempio, laddove vi fossero come negli elenchi della Cassa forense (avvocati) o di Inarcassa (ingegneri e architetti) almeno 60 mila iscritti con due posizioni previdenziali, 65 euro a pratica equivarrebbero a 4 milioni, e anche se fosse ripartiti al 50%, si scenderebbe al massimo a due. Facendo chiarezza, poi, sotto il profilo tecnico i costi sono di tre tipi: quelli amministrativi di istruttoria della pratica, le spese informatiche per la messa in opera delle procedure e gli oneri liquidazione delle pensioni. I primi, essendo passato il principio che ogni Ente cura l’istruttoria per chi vi ha effettuato l’ultima iscrizione, vengono ripartiti equamente fra organismi pubblici e privati; sul fronte informatico, non è soltanto l’Inps a farsene carico, ma pure le Casse, chiamate a loro volta a realizzare una procedura telematica per gestire i casi, mentre i costi di liquidazione pesano sull’Istituto pubblico solo per il cumulo fra Cassa e Cassa.

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