La lettera di patronage con cui i soci dell’azienda finanziata garantiscono alla banca il rimborso delle somme non è soggetta all’imposta di registro del 3%. L’imposta sostitutiva dovuta sul prestito originario assorbe anche il tributo sulla garanzia. Allo stesso modo, il decreto ingiuntivo che l’istituto di credito ottiene per riscuotere il credito in capo al garante va registrato a tassa fissa, in quanto già sottoposto a Iva. Lo afferma la sezione tributaria della Cassazione nella ordinanza n. 9502/18 del 18 aprile 2018. Il contenzioso di legittimità coinvolgeva Meliorbanca (oggi Bper Banca) in relazione a un atto di liquidazione dell’imposta di registro notificato dall’Agenzia delle entrate. La rettifica riguardava la tassazione di una lettera di patronage con la quale i soci di un’azienda finanziata dall’istituto garantivano solidalmente le obbligazioni. A seguito dell’inadempimento da parte della società, la banca otteneva dal tribunale di Milano l’ingiunzione nei confronti dei soci. Nel decreto veniva menzionata proprio la lettera «forte» rilasciata dai garanti. Poiché la lettera non era stata registrata, l’amministrazione finanziaria recuperava l’imposta con aliquota del 3%, applicata all’intero valore del debito (più gli interessi). Secondo la banca, difesa in giudizio dallo studio Legalitas con un team guidato dal partner Francesco Camilotti, la lettera di patronage era invece esente dal tributo per effetto dell’avvenuto assolvimento, con riguardo al contratto di finanziamento, dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 17 del dpr n. 601/1973. Sia la Ctp Milano sia la Ctr Lombardia accoglievano le ragioni dell’istituto, arrivando al giudizio di legittimità a seguito del ricorso dell’Agenzia. Secondo gli Ermellini, la mancata estensione del regime sostitutivo previsto per i finanziamenti anche agli atti giudiziari a essi relativi «non comporta che le operazioni di credito in questione divengano soggette anche ad imposta di registro». L’ufficio eccepiva però che la lettera di patronage non era stata tassata nemmeno con l’imposta sostitutiva. Tuttavia, replica la suprema corte, «l’imposta sostitutiva è unica e viene assolta sul finanziamento originario», non incidendo quindi in maniera separata sulla garanzia. Respinta anche la tesi del fisco per la quale sarebbe risultata dovuta la maggiore imposta di registro sull’ingiunzione di pagamento che afferiva agli interessi di mora. «Gli interessi e la rivalutazione monetaria fanno parte del credito e sono meri accessori dell’obbligazione per il capitale», conclude l’ordinanza, «non possono essere assoggettati a una tassazione separata né appare possibile distinguere a questi fini specifici tra interessi compensativi concordati per la dilazione del debito e interessi di mora dovuti per l’inadempimento dell’obbligazione». Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso dell’ufficio, condannandolo anche a rifondere alla banca le spese processuali.
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