La popolazione italiana invecchia e anche la forza lavoro invecchia. Se oggi quelli che hanno oltre 64 anni rappresentano il 22,3% della popolazione pari a circa 13,5 milioni nel 2050 saranno circa 20 milioni. Aumenteranno quindi i costi perla sanitĂ e la non autosufficienza, mentre la spesa per le pensioni, grazie ai due stabilizzatori automatici, vale a dire l’indicizzazione dell’etĂ di pensione alla aspettativa di vita e la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione (i numerini che trasformano i contributi versati in rendita) rimarranno stabili nel tempo e in progressiva riduzione. Se non avremo un problema per i costi del sistema pensionistico ce ne saranno molti legati alle etĂ progressive previste per lasciare il lavoro. Sempre piĂą in avanti Pur modificando alcuni parametri della legge Monti-Fornero, nel 2050 si andrĂ in pensione a 69 anni e 9 mesi per maschi e femmine e a 66 anni e 9 mesi per i contributivi puri (quelli che hanno iniziato il lavoro dall’1/1/1996). D’altra parte ad oggi l’aspettativa di vita alla nascita è di 80,6 anni per gli uomini e 85,1 anni per le donne; ma, dato piĂą importante, a 60 anni la speranza di vita per i maschi supera i 23 anni mentre per le femmine si arriva a oltre 27 anni. Se è quindi giustificato allineare le etĂ di pensione alle aspettative di vita per mantenere un rapporto equo tra annidi lavoro e anni di pensione, il problema è e sarĂ come tenere al lavoro queste persone e con quali modalitĂ offrire la possibilitĂ di pensionarsi ad etĂ inferiori in modo flessibile. Sono i temi che dibatteremo giovedì 12 al salone del Risparmio alle ore 14.15 nell’incontro organizzato dall’Economia. Due sono i temi principali: a) una differente organizzazione del lavoro basata sulle «classi di età ». Ad esempio, dai 50 anni in su occorrerĂ prevedere un tipo di lavoro che massimizzi l’apporto di esperienza e riduca il carico psicofisico dei lavoratori. Difficile immaginare un poliziotto di 55 anni che insegue un ladruncolo di 20. E questo è principalmente un compito delle parti sociali e dei corpi intermedi; b) un percorso di flessibilitĂ in uscita verso la pensione che si può realizzare con differenti interventi che tuttavia devono essere universali, standardizzati e non discrezionali. L’idea di fondo si basa su una flessibilitĂ tra i 63/64 anni (indicizzata all’aspettativa di vita) e i 71 anni esattamente come previsto dalla legge Dini e da tutti i sistemi contributivi. Soluzioni Gli strumenti che si possono utilizzare sono molti; vediamone i principali: 1) isopensione (indennitĂ sostitutiva della pensione) introdotta dal ministro Fomero consente di anticipare di 4 anni l’etĂ di pensionamento. Vale solo per le aziende con piĂą di 15 dipendenti e a seguito di accordi sottoscritti dall’azienda con le organizzazioni sindacali per la riduzione del personale. L’azienda paga attraverso l’Inps, un assegno ai lavoratori equivalente alla pensione per il periodo di anticipo, sino al perfezionamento dei requisiti ufficiali. La legge di Bilancio n. 205/2017 (articolo 1, comma 160) ha aumentato il periodo a 7 anni per il triennio 2018-2020. L’azienda dovrĂ inoltre versare all’Inps anche i contributi necessari per ottenere la rendita che verrĂ ricalcolata dall’Istituto alla fine del periodo di isopensione, senza alcuna penalizzazione per il lavoratore. 2) I «fondi di solidarietà » — nati nel lontano 1998 per banche, assicurazioni ed esattorie — di cui hanno usufruito finora circa 6o mila bancari e altre 25/30 mila ne usufruiranno nei prossimi anni e che oggi sono disponibili anche per tutte le categorie di dipendenti, sono gestiti dall’Inps. In caso di esuberi o riduzioni di personale i lavoratori cui mancano 5 anni (7 dal 2016 al 2019) per maturare il diritto alla pensione, a seguito di accordi sindacali, vengono collocati nel fondo di solidarietĂ e percepiranno un assegno pari alla pensione maturata fino a quel momento. PoichĂ© vengono versati nel periodo anche i contributi previdenziali su un reddito fisso e prefissato, a fine periodo la pensione verrĂ ricalcolata dall’Inps. I fondi non hanno costi per le finanze pubbliche (salvo lo stanziamento triennale per le banche di 648 milioni) poichĂ© sono autofinanziati da aziende e lavoratori. Ci sono poi l’Ape (anticipo pensionistico) nella modalitĂ volontaria o aziendale; il part time agevolato e la Rita (rendita integrativa temporanea anticipata).
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