Con le nuove date la detrazione ritarda

Sin dal 1975, vigente ancora la seconda direttiva comunitaria, l’incipit dell’articolo 21 del Dpr 633/72 qualifica l’emissione della fattura solo nel momento della consegna o spedizione del documento all’altra parte. L’ultimo periodo dell’attuale primo comma tiene anche conto della possibilità di emettere le fatture in formato elettronico (cioè, al momento, ancora quelle in Pdf) aggiungendo le ipotesi di trasmissione (telematica) o di messa a disposizione (nel sito internet del fornitore). Nella ormai lunghissima sistematica dell’Iva sono stati individuati due momenti, talora coincidenti, ma non necessariamente. Quello in cui viene apposta la data sulla fattura (la cosiddetta data di “formazione”) e quella relativa alla consegna al cliente, che è la vera e propria data di “emissione”. D’altronde lessicalmente emettere significa mettere fuori (e-mettere). L’argomento della data di emissione è fondamentale per individuare il momento di esigibilità per il fornitore, da cui discende, ex articolo 19, comma 1 il diritto di detrazione per il cliente e, soprattutto, l’individuazione delle regole di applicazione del tributo e di rilevanza per la controparte. Il tema dell’accertamento della data di emissione della fattura, cui si ricollega quello del momento da cui il cliente può detrarre, è tornato di attualità con la circolare 1/E di quest’anno, con cui l’agenzia delle Entrate ha dichiarato che la detrazione nel mese di competenza perle fatture ricevute entro il giorno 16 del mese successivo poteva essere tollerata solo per il 2017, in quanto la lettura del Dpr 100/98, data dalla totalità dei contribuenti e dei loro consulenti non doveva considerarsi corretta.  Il cambiamento del criterio utilizzato nella prassi ben poteva rimanere sospeso anche per il 2018, in considerazione dell’imminente arrivo della fattura elettronica, in cui le date dei flussi documentali acquistano la certezza. Scopriamo però dalla lettura del provvedimento del 30 aprile scorso che il sistema di interscambio qualificherà come “data di emissione” non quella in cui il fornitore vi inserisce il file, ma quella di formazione, indicata nel documento. Non sarebbe stato certo difficile chiedere al sistema di apporre la data di emissione, in base alle risultanze dei flussi. In prima battuta si potrebbe parlare di una semplificazione, per non dover gestire due date. Di fatto l’operatività del sistema, così delineato, avrà conseguenze non dissimili dal décalage che avevamo sperimentato nel 1993 per gli acquisti intracomunitari, cioè la detrazione nel mese successivo a quello in cui l’imposta era dovuta. Vediamo un esempio per meglio chiarire questo aspetto. Se il fornitore immette il 5 giugno una fattura datata 31 maggio, l’esigibilità del tributo è in maggio, ma la detrazione per il cliente è in giugno, anche se la fattura gli sarà attribuita in quest’ultima data, anteriore al giorno 16, in cui deve eseguire la liquidazione periodica. Fatte queste premesse, se la procedura definitiva sarà quella che oggi conosciamo, la fatturazione elettronica consentirà all’erario di aumentare l’incasso dell’imposta sul valore aggiunto, per effetto dell’accresciuta sfasatura tra Iva dovuta e quella detraibile, senza che sia necessario ridurre l’evasione. Non dimenticando infine che la rivalsa è una disposizione di diritto civile e non tributario, e quindi rischiamo di avere liti nei confronti del fornitore che, inserendo in ritardo le fatture nel sistema, potrebbe aver costretto il cliente ad eseguire un versamento di Iva, che poi faticherà a recuperare nei mesi successivi o che dovrà chiedere a rimborso.

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