Il redditometro in stand-by

Redditometro in standby. Il decreto Dignità (dl 87/18), infatti, prevede che i provvedimenti che definiscono gli elementi indicativi della capacità contributiva, necessari al calcolo del reddito sintetico, siano emanati soltanto dopo aver sentito l’Istat e le associazioni dei consumatori. L’art. 10, del dl 12/07/2018 n. 87, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il giorno successivo (serie generale – 13/07/2018, n.161) apporta sostanziali modifiche all’art. 38, del dpr 600/1973 in tema di reddito determinato «sinteticamente» («redditometro»). Il primo comma, del recente provvedimento, dopo la parola «biennale», introduce al comma 5, del citato art. 38, la locuzione «sentiti l’Istituto nazionale di statistica (Istat) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori» con particolare riferimento agli «aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti». Il comma 4, dell’art. 38, dpr 600/1973 dispone che gli uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate possono determinare in maniera «sintetica» il reddito complessivo di ogni contribuente, persona fisica, tenendo conto delle spese di qualsiasi genere, sostenute nel corso del periodo d’imposta considerato. Le modalità in base alle quali l’Ufficio poteva determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito complessivo netto, in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva, sono state disciplinate prima dal dm 10/09/1992, poi dal dm 24/12/2012 e, infine, dal dm 16/09/2015; i parametri indicati sono riferiti alle spese sostenute dai contribuenti per l’acquisto di beni e servizi e per il relativo mantenimento, e quelli del più recente provvedimento si rendono applicabili per gli accertamenti relativi ai periodi d’imposta a decorrere dal 2011. La più recente versione del «redditometro», quella applicabile a decorrere dal periodo d’imposta 2009, prevedeva un doppio passaggio, ai fini dell’accertamento sintetico: previa notifica di un invito a comparire al contribuente, al fine di spiegare i motivi delle incoerenze rilevate tra reddito dichiarato e spese sostenute e, in seconda battuta, invito del contribuente all’accertamento con adesione. Il provvedimento del 24/12/2012 è stato poi sottoposto al vaglio del Garante della privacy, il quale ha «bocciato» alcuni elementi. Certamente il più rilevante al fine della determinazione del reddito è legato alle medie Istat e, quindi, nel pieno rispetto delle indicazioni del Garante della privacy, l’Agenzia delle entrate (circ. 6/E/2014) ha precisato che la ricostruzione sintetica poteva avvenire tenendo conto, oltre che della quota di incremento patrimoniale imputabile al periodo d’imposta e della quota di risparmio formatasi nell’anno, delle «spese certe» (come, per esempio, spese per mutuo o canone di locazione, altre spese indicate nelle dichiarazioni per usufruire di deduzioni o detrazioni d’imposta e altre spese per beni e servizi), delle «spese per elementi certi» (ancorate all’esistenza di elementi oggettivamente riscontrabili, quali, per esempio, i metri quadrati effettivi delle abitazioni, la potenza degli autoveicoli, la lunghezza dei natanti) e del «fitto figurativo», con conseguente esclusione di una ricostruzione tarata sulle spese desumibili dalle citate tabelle Istat; in particolare è stato precisato che, in seguito al citato parere, sono emerse delle criticità sull’utilizzabilità delle spese medie Istat, per ricostruire voci di spesa «non» ancorate all’esistenza di beni o servizi. Probabilmente sulla falsariga di tali criticità, con il comma 1, dell’art. 10, del provvedimento in commento, è stato previsto che il decreto attuativo biennale, di cui al comma 5, dell’art. 38, dpr 600/1973, deve essere emanato «soltanto» dopo aver sentito l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, con particolare riferimento alla metodologia (metodica) di ricostruzione induttiva del reddito complessivo. Il successivo comma 2, pertanto, abroga il più recente decreto attuativo, quello del 16/09/2015, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31/12/2016, con la conseguenza che le disposizioni in esso contenute non risultano più applicabili ai controlli sintetici relativi ai periodi d’imposta 2016 e successivi. Infine, il comma 3, del recente provvedimento, fa salvi gli inviti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico e gli altri atti, di cui al comma 7, del citato art. 38, per gli anni anteriori ovvero sino al 2015, disapplicando le nuove disposizioni agli atti già notificati, con conseguente diniego di qualsiasi richiesta di rimborso di somme già pagate.

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