Dopo quasi 50 anni dall’ultima grande riforma il fisco italiano sembra arrivato al capolinea. La vicenda del decreto dignità, che avrebbe dovuto semplificare il sistema tributario e invece sembra essersi incartato a sua volta, è solo l’ultimo dei segni del disfacimento. Molti avvertono l’esigenza di resettare tutto e ripartire da capo. Ma non è possibile: il bilancio dello stato non può rischiare di perdere neppure l’1% del gettito. Anzi, i governi (di qualsiasi colore) sono costantemente alla ricerca di risorse aggiuntive per perseguire i loro obiettivi (nobili o meno nobili) e quindi tengono costantemente sotto stress il fisco, con continui interventi urgenti e poco sistematici, che hanno fatto lievitare il prelievo fiscale negli ultimi 50 anni dal 24% al 43% del Pil. Così l’ordinamento tributario non è più un sistema organico e coerente di norme e di prassi amministrativa, ma si è trasformato in un suk. E il risultato inevitabile delle enormi pressioni cui è sottoposto: un sistema fiscale statico, coerente,prevedibile è facilmente aggirabile dagli evasori; la lotta all’evasione, per essere efficace, deve continuamente aggiornare le sue difese, rendere imprevedibili le reazioni dell’amministrazione finanziaria, incutere timore, tappare velocemente le falle che si aprono nel reticolo normativo, posizionare i diritti dell’amministrazione tributaria un gradino sopra quelli dei contribuenti. È quello che accade nella realtà, anche se poi tutto viene ammantato con la retorica della compliance e dell’amministrazione al servizio dei contribuenti. Il problema è che ora sembra non esistere più, a livello politico, una catena di comando affidabile e competente. La materia fiscale sembra un campo di rugby nel quale tutti cercano disordinatamente di toccare palla per far prevalere i propri interessi. Col risultato di produrre continui svarioni e problemi applicativi sempre crescenti. Le illusioni degli anni ’70, di disegnare un sistema moderno, comprensibile, razionale, democratico, sono naufragate in un circolo vizioso che al crescere della pressione fiscale ha visto inevitabilmente aumentare anche la propensione all’evasione e i tentativi sempre più arroganti per contrastarla.
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