Una stretta contro le frodi Iva

Un altro passo in avanti verso la costruzione del diritto penale europeo. Tra le direttive che il governo sarà delegato a recepire, secondo la bozza del ddl di delegazione europea che sarà esaminata prossimamente dal consiglio dei ministri (si veda ItaliaOggi di ieri), vi è infatti anche quella relativa al contrasto mediante la legge penale delle frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Ue, fra cui i reati in materia di Iva, ma soltanto se «gravi» e se riguardano il «sistema comune». Si tratta della direttiva 2017/1371 del 5 luglio 2017, le cui disposizioni, che impongono agli stati membri di infliggere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive agli autori di illeciti che pregiudicano gli interessi finanziari dell’Ue, dovranno essere applicate in tutti i paesi dell’Unione a decorrere dal 6 luglio 2019. Al fine di armonizzare gli ordinamenti nazionali, la direttiva stabilisce norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari comuni, ossia «tutte le entrate, le spese ed i beni» che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in forza del bilancio dell’Ue o delle sue istituzioni. Per quanto riguarda le entrate derivanti dall’Iva, tributo considerato distintamente rispetto alle tipiche risorse proprie dell’Ue, la direttiva copre soltanto i reati gravi contro il sistema comune dell’imposta, precisando che il requisito della gravità sussiste «qualora le azioni od omissioni di carattere intenzionale secondo la definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera d), siano connesse al territorio di due o più stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro.» Nell’esigere, relativamente ai (soli) reati in materia di Iva, questo particolare requisito, la direttiva sembrerebbe un arretramento rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, che nella nota sentenza Taricco dell’8 settembre 2015, basandosi sull’art. 325 del Tfue e sulla Convenzione Pif del 1995, ha dichiarato che gli stati membri hanno l’obbligo di punire penalmente le frodi gravi in materia di Iva. Restando ai reati in materia di Iva, secondo la direttiva rientrano nella nozione di frode che lode gli interessi finanziari dell’Ue «l’azione od omissione commessa in sistemi fraudolenti transfrontalieri in relazione: i) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti relativi all’Iva, cui consegua la diminuzione di risorse del bilancio dell’Unione; ü) alla mancata comunicazione di un’informazione relativa all’Iva in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero iii) alla presentazione di dichiarazioni esatte relative all’Iva per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell’Iva». Secondo lo schema di ddl, il legislatore delegato, in sede di attuazione della direttiva in esame, dovrà osservare, oltre ai principi comuni dettati per i decreti di recepimento di tutte le direttive menzionate nel provvedimento, taluni specifici principi e criteri, fra cui: – l’individuazione dei reati che possono rientrate nel perimetro della direttiva; – l’abrogazione delle norme interne incompatibili, in particolare quelle che stabiliscono la non punibilità a titolo di concorso o di tentativo dei delitti lesivi degli interessi finanziari dell’Ue; – l’estensione della c.d. «corruzione passiva» anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di paesi terzi – l’integrazione del digs n. 231/2001, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati tutelati dalla direttiva, se non già prevista; – la pena massima di almeno quattro anni, nel caso di reati da cui derivino danni o vantaggi considerevoli; – la previsione della circostanza aggravante, qualora il reato sia commesso da un’organizzazione criminale. Si deve evidenziare, rievocando la specifica questione di cui alla sentenza Taricco, che la direttiva impone agli stati membri anche di adottare «le misure necessarie a prevedere un termine di prescrizione che consenta di condurre le indagini, esercitare l’azione penale, svolgere il processo e prendere la decisione giudiziaria… entro un congruo lasso di tempo successivamente alla commissione di tali reati, al fine di contrastare tali reati efficacemente.» Per i reati punibili con la reclusione di almeno quattro anni, la prescrizione non potrà essere inferiore a cinque anni dal momento in cui il reato è stato commesso. Il termine potrà essere abbreviato fino a tre anni, purché sia suscettibile di interruzione o sospensione.

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