Pensioni minime a 780 euro, i dubbi dei tecnici

“Spacchiamo il sistema”. Perché «se fossi un artigiano, un imprenditore, un commerciante, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro…». La bocciatura totale per l’ipotesi di innalzamento delle pensioni minime a 780 euro proposta dalla viceministra grillina all’Economia Laura Castelli arriva da Alberto Brambilla, economista molto vicino alla Lega e dal partito considerato un punto di riferimento sul fronte della riforma delle pensioni. Il suo giudizio è netto: «Sono totalmente contrario». Però il professore, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali che «settimanalmente» si consulta con il leader della Lega Matteo Salvini, parla anche di un’ipotesi al vaglio del governo: un sostegno delle aziende per la «quota 100» a 62 anni, la possibilità cioè di andare in pensione già con un’età anagrafica di 62 anni e 38 anni di contributi. Ecco, dice Brambilla, per compensare l’aumento della platea e il costo dell’uscita a 62 anni «si sta lavorando sul fronte fondi di solidarietà ed esubero che potrebbero dare una mano a tutto il sistema: opererebbero sul modello di quanto già accade con grande successo nel settore del credito e delle assicurazioni, potrebbe essere un complemento alla riforma in modo da consentire quella flessibilità che si voleva reintrodurre». Certo, riflette Carlo Cottarelli, economista ed ex commissario per la revisione della spesa pubblica, con l’ipotesi di far subentrare le imprese attraverso i fondi, «il costo viene fatto ricadere sulle imprese», ma questo «se le imprese sono disposte a farlo, cioè ad accollarsi il costo» del mandare in pensione i dipendenti prima. Una misura difficile da far accettare «in un sistema imprenditoriale già troppo gravato da costi», ma le imprese, spiega Cottarelli, «possono anche avere dei vantaggi nel vedere i lavoratori andare in pensione prima e magari sono disposte a contribuire a questo prepensionamento».

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