Abbassare le soglie sulle liti pendenti in legge di Bilancio

La rottamazione delle liti pendenti e potenziali è forse uno dei temi più importanti del decreto fiscale e della legge di bilancio 2019. Secondo Maurizio Leo, professore ordinario della Scuola nazionale di amministrazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, “ci sono diverse criticità. Per quanto riguarda le liti potenziali l’aspetto che desta maggiore preoccupazione è legato al non aver tenuto presente che tante situazioni che possono essere definite con l’amministrazione finanziaria richiedono necessariamente un incontro con gli uffici dell’agenzia. Purtroppo con le liti potenziali, e in particolare con i processi verbale di constatazione, bisogna prendere o lasciare: si possono togliere sanzioni o interessi però non si può avere interlocuzione con l’Agenzia per arrivare ad una definizione”.

Per quanto riguarda gli avvisi di accertamento notificati alla data dell’entrata in vigore del decreto, ha continuato Leo, “gli aspetti problematici riguardano in particolare i tempi molto stretti in cui bisogna fare la definizione: spero che ci siano emendamenti che possano correggere il tiro”.

Sulle liti pendenti, invece, “la criticità maggiore è legata alle soglie che andrebbero abbassate per rendere più appetibili questi strumenti. Spero – ha concluso – si possano trovare soluzioni con emendamenti al decreto legge”.

Per Stefano Veraldi, caposettore del coordinamento contenzioso e riscossione dell’Agenzia delle Entrate, “le novità in merito alla definizione delle liti pendenti previste dal decreto fiscale rispetto alla precedente normativa sono legate all’ambito oggettivo della definizione, che riguarda solo liti relative ad atti impositivi. Sono esclusi gli atti di mera riscossione, relativi alla contestazione di omessi o tardivi versamenti. È prevista la possibilità di effettuare una definizione pagando in relazione allo stato e all’esito della controversia provvisoria. In particolare è previsto il pagamento per intero del valore della lite solamente in caso di assenza di decisione o di sentenza sfavorevole al contribuente, oppure in caso di lite interessata da sentenza di cassazione con rinvio. Negli altri casi la lite si può definire con il pagamento del 50% dell’imposta in contestazione. Nel caso di soccombenza dell’amministrazione nel secondo grado di giudizio con il pagamento del 20% del valore della lite”.

Sotto questo profilo – secondo Veraldi – è sicuramente “una situazione più vantaggiosa per i contribuenti rispetto alla precedente definizione, che prevedeva in ogni caso il pagamento dell’intero importo dell’imposta in contestazione prescindendo dall’esito provvisorio della lite. Sotto questo profilo la definizione delle liti potrebbe garantire un effetto deflattivo del contenzioso: teniamo conto che il contenzioso tributario pendente ammonta a oltre 300mila controversie di cui oltre 50mila pendenti in cassazione”.

Per Marco Miccinesi, ordinario di diritto tributario presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano, “l’appeal di queste misure rispetto al passato è senz’altro maggiore. Il tema dell’iva come è noto è legato ai vincoli che discendono dalla natura di questa imposta che è una risorsa europea. La possibilità di aprire una definizione che privi i contenziosi e le vertenze di caratteri di asperità legati all’applicazione di sanzioni e di interessi è senz’altro un elemento in grado di incentivare la costruzione di un rapporto pacificato tra amministrazione e contribuente: questo rapporto porterà tutti i suoi frutti se ad esso il legislatore farà seguire misure in grado di accentuare la capacità di dialogo e mantenere la caduta di quegli aspetti più repressivi dell’azione dell’amministrazione che tanto ha vulnerato la sensibilità del cittadino”.

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