Casse previdenziali, sulle infrastrutture stop al vincolo dei 30 anni

Nella Legge di Bilancio, ora in discussione alle Camere, c’è una novità importante per le casse previdenziali: la defiscalizzazione per gli investimenti in economia reale salirà dall’attuale 5% fino all’8%. Una manovra pensata dal governo per spingere ulteriormente la Casse, forti dei loro 85 miliardi di asset in gestione, a scendere in campo per il sostegno all’Italia. Intervento ovviamente apprezzato dagli enti, spiega a MF-Milano Finanza, Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam, la cassa dei medici e degli odontoiatri, oltre che dell’Adepp, l’associazione degli enti previdenziali che allo stesso tempo chiede però di fare qualcosa di più, specie se si vogliono invogliare le casse a investire in nuove infrastrutture. «Già oggi le casse investono più del 55% del loro patrimonio in Italia e di questi soldi circa il 10% va in titoli del debito pubblico», puntualizza Oliveti ricordando che la leva della defiscalizzazione per l’economia reale gli enti l’hanno già utilizzata fino in fondo. «Le casse avrebbero bisogno di una maggiore stabilità nell’assetto normativo. Nel 2015, quando la tassazione venne elevata al 26% era stata prevista di mantenerla al 20% per gli investimenti in economia reale ma solo due anni dopo quella norma fu cancellata eliminando il credito d’imposta e introducendo una defiscalizzazione totale, fino al 5% del patrimonio», spiega Oliveti. Soglia che gli enti avevano tra l’altro già superato. Insomma il rischio è lasciare gli enti nell’incertezza della stabilità del quadro normativo, non consentendo di adottare strategie di lungo termine. Ma non solo. Nel caso degli investimenti in infrastrutture ostacoli arrivano pure dall’obbligo delle casse a dimostrare la sostenibilità dei conti dei bilanci in un orizzonte temporale di 30 anni, come è stato richiesto dalla Legge Fornero. «Una stabilità che dà certezza agli iscritti ed è sacrosanta», puntualizza Oliveti, aggiungendo pero che «le infrastrutture hanno per loro natura un ritorno degli investimenti nel lungo termine che mal si concilia con l’obbligo di dimostrare una stabilità dei conti a 30 anni». La soluzione potrebbe essere quella di svincolare quegli investimenti dal vincolo trentennale, suggerisce il presidente Adepp che chiede anche una semplificazione dei controlli da parte degli enti vigilanti (oggi più di dieci) e una maggiore autonomia delle casse, che, ricorda, sono enti privatistici, mentre in passato hanno dovuto applicare la spending review, come fossero enti pubblici. In ballo da anni, come noto, c’è poi il recepimento del regolamento sugli investimenti, replicando quello già deliberato per i fondi pensione. «Più che i vincoli e i paletti numerici previsti da quel regolamento sarebbe pero utile premiare i comportamenti virtuosi, e in termini di governance e di gestione del rischio», suggerisce Oliveti sottolineando che gli enti hanno già dimostrato di saper bene operare, ottenendo un rendimento netto medio 2017 del 2,5%. Per sostenere chi si dovesse trovare in difficoltà si potrebbe poi «pensare di destinare ad un fondo di solidarietà una parte delle tasse che ogni anno gli enti pagano allo Stato», conclude Oliveti. Ovvero più di 400 milioni l’anno

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