Sale dal 5% all’8% il tetto massimo degli investimenti effettuati dalle Casse di previdenza in economia reale i cui rendimenti saranno esentasse. A prevederlo è l’articolo 27 del disegno di legge di Bilancio che stima in circa 25 milioni di euro all’anno il costo dell’agevolazione per le casse dello stato. Il rafforzamento della misura, introdotta dall’articolo 1, comma 88, della legge 232/2016 (legge di Bilancio 2017) era stato anticipato dal sottosegretario al ministero del lavoro, Claudio Durigon, nel corso del 2° forum dei commercialisti dello scorso settembre. A godere dell’esenzione da imposta saranno gli utili derivanti da investimenti (nel limite appunto dell’8% dell’attivo patrimoniale risultante dal bilancio dell’anno precedente) in azioni o quote di imprese residenti in Italia o nell’Ue o in quote o azioni di Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr), sempre residenti sul territorio nazionale o in stati membri dell’unione europea. Per poter beneficiare dello sgravio fiscale gli strumenti finanziari detenuti dagli enti di previdenza privatizzati devono essere detenuti per almeno cinque anni (in caso di vendita prima del termine, i proventi dell’investimento e il ricavato della cessione saranno tassati con le regole ordinarie). Per quanto riguarda la stima degli effetti finanziari, spiega la relazione tecnica al ddl di Bilancio, sono state utilizzate le stesse ipotesi e tipologie di dati impiegate per la relazione tecnica alla legge 232/2016. Considerando che la disposizione implica un ulteriore 3% del patrimonio investito in strumenti finanziari con rendimenti esenti da imposta, e che in base agli ultimi dati pubblicati dalla Covip il patrimonio complessivo degli enti previdenziali privati è di circa 80 miliardi di euro, si stima una perdita di gettito su base annua di 25 milioni di euro. Ipotizzando un turnover degli strumenti finanziari di 1/3, si prevede un mancato gettito di 6 milioni per il 2019. 14,3 mln per il 2020, 22,6 mln per il 2021 e 25 milioni di euro a decorrere dal 2022.
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