Equo compenso da rafforzare

Se il governo ci tiene tanto al ruolo che possono svolgere i giovani professionisti, perché allora non rafforza l’equo compenso? Se lo sono chiesto i rappresentanti del mondo delle professioni italiani. Se n’è fatta interprete Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni, nel corso del convegno di studi in memoria di Piero Alberto Capotosti, organizzato dallo stesso Cup e dall’Università Luiss Guido Carli. Titolo: «Le professioni tra autonomia e regolazione pubblica». «Nel Def ci starebbe proprio bene una norma che rafforzi l’equo compenso perché un paese che punta sui giovani cresce e ha futuro», ha sottolineato Calderone. Il contesto era quello, anche, della presentazione del secondo rapporto sulle professioni regolamentate in Italia. Un settore che a partire dalla crisi economica del 2008, si è dimostrato attrattivo soprattutto nei confronti dei giovani e delle donne. I dati più aggiornati raccolti presso tutti i 26 ordini professionali dicono che gli iscritti agli albi a fine 2016 erano oltre 2,3 milioni, 38 ogni mille abitanti, quasi 680 mila in più di quanto si registrava nel 2000. Al termine dei lavori era atteso l’intervento del ministro dello Sviluppo economico e del lavoro, Luigi Di Maio. «Ho delegato alla partecipazione il sottosegretario, Claudio Cominardi. Oggi, infatti, effettuerò un sopralluogo nelle zone alluvionate di Veneto e Trentino Alto Adige», ha fatto sapere il vicepresidente del consiglio dei ministri con un telegramma. Cominardi ha tirato le fila dei precedenti interventi sottoponendo alla platea due osservazioni. La prima sulle donne che oggi rappresentano il 62% degli iscritti agli albi professionali: «Un dato in controtendenza» per il sottosegretario, che ha citato uno studio della commissione parlamentare del Lavoro. «La complementarietà dei generi cambierà volto al settore», ha concluso. La seconda riflessione ha riguardato i giovani, che rappresentano un terzo degli iscritti agli albi professionali: «Da qui la tematica dell’equo compenso», ha sottolineato, «poiché ormai in termini di precarietà non c’è più dicotomia fra lavoro autonomo e subordinato». Calderone, leggendo ai presenti il messaggio di saluto Di Maio aveva sottolineato la necessità di garantire l’accesso dei giovani alle professioni. «Dobbiamo superare sempre di più una certa chiusura all’ingresso di nuove leve» e «dobbiamo sempre più garantire che anche chi non ha le possibilità economiche possa aspirare ad avvicinarsi al mondo delle professioni che comportano un percorso di studio complesso e non sempre sostenibile», ha scritto Di Maio. «Per sorreggere e far sviluppare il mondo dei liberi professionisti», si legge ancora nel testo inviato dal vicepremier, «abbiamo accolto alcune importanti proposte di modifiche normative che stavano minando l’operatività dei professionisti. Siamo partiti inserendo nel decreto «dignità» l’abolizione dello split payment, introduciamo poi l’estensione del regime forfettario a 65 mila euro, indipendentemente dall’attività esercitata, con l’eliminazione del limite di spesa per beni strumentali. Abbiamo poi favorito l’ingresso di figure professionali qualificate in imprese interessate da sviluppo in innovazione introducendo un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher (massimo 40 mila euro annui ad impresa, elevato a 80 mila euro per le reti di imprese) per l’acquisizione di competenze professionali di supporto alle piccole e medie imprese che intendono investire in innovazione e tecnologie digitali e cosa non da poco per la portata allarghiamo ai professionisti la possibilità di accedere alla misura «Resto al sud». Nel testo della ricerca del Cresme presentato ieri, invece, si evidenzia in particolare che la ricchezza prodotta dall’intero comparto professionale si aggira intorno a 77 miliardi di euro, quasi il 6% del Pil regolare nel 2016». Inoltre il comparto professionale stima circa 2,9 milioni di addetti, corrispondente al 12,6% del totale degli occupati.

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