La fattura elettronica punta ad un incasso di 1.97 miliardi A meno di due mesi dall’introduzione generalizzata del nuovo strumento, il direttore generale delle Finanze Fabrizia Pecorella in audizione al Senato ha illustrato le novità introdotte nel decreto fiscale (dl 119/2018) fissando gli obiettivi per la riduzione del tax gap Iva da omessa dichiarazione. L’evasione dell’imposta sul valore aggiunto realizzata tramite omissione dell’obbligo di invio del dichiarativo, denominata anche «evasione senza consenso» poiché realizzata unilateralmente dal venditore, è stimata in circa 13.2 miliardi di euro e mission del governo è quella di recuperarne 2.95 di cui 1.97 grazie proprio alla fatturazione elettronica e 981 milioni derivanti invece dall’obbligo di invio telematico dei corrispettivi. La strategia di contrasto all’evasione senza consenso, basata fino ad oggi sulle comunicazioni Iva e sulle liquidazioni periodiche trimestrali, le Lipe, che hanno drasticamente ridotto i tempi necessari per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati per poi effettuare l’incrocio tra il dichiarato ed il versato, da un lato perderà proprio quest’ultime ritenute superflue ed obsolete per via della e-fattura mentre dall’altro guadagnerà i dati dell’invio dei corrispettivi telematici la cui introduzione sarà graduale e partirà dal 10 luglio 2019 per le imprese con volume d’affari superiore ai 400 mila euro e dal l° gennaio 2020 per tutte le altre. Per quanto riguarda invece gli omessi versamenti Iva, stimati in 8.4 miliardi di euro nulla di nuovo è stato previsto e si punterà nuovamente su split payment e reverse charge che nel triennio 2014 – 2016 hanno prodotto un extra gettito di circa 3.6 miliardi di euro (2.5miliardi nel 2015 e 1 miliardo nel 2016). L’incremento dell’introito Iva prodotto dai due strumenti, già più che dimezzato nel 2016 rispetto al 2015, difficilmente porterà evidenti risultati considerata anche l’esclusione dall’ambito di applicazione dello split payment dei i professionisti assoggettati a ritenuta d’acconto novazione introdotta a partire dal 14 luglio 2018 con il cosiddetto decreto dignità 87/2018. Per il recupero invece del gap Iva da omessa fatturazione, quella definita «consensuale» che si realizza con l’accordo tra venditore e acquirente, estremamente difficile da intercettare, il governo punta tutto sul quello che viene definito il «conflitto di interessi tra venditori e clienti» al fine di stimolare la tax compliance ovvero l’adesione spontanea. Lo strumento individuato dal legislatore, che partirà dal 1° gennaio 2020, è la lotteria degli scontrini che dovrebbe incoraggiare l’acquirente a chiedere sempre e comunque l’emissione del documento fiscale per poter partecipare all’estrazione di premi ma al riguardo non è possibile quantificare o stimare l’eventuale extra gettito prodotto. La riffa dei scontrini, il cui funzionamento è correlato a quello dell’invio telematico dei corrispettivi, oltre a non dare garanzie su quale sarà l’incasso incrementale prodotto, solleva per altro molti dubbi in relazio- ne alla privacy degli acquirenti che saranno costretti, se intendono partecipare all’estrazione, a fornire il proprio codice fiscale al venditore che lo comunicherà poi all’agenzia delle entrate. È dunque ufficialmente partita la caccia ai 36 miliardi di Iva evasa, importo decisamente considerevole, di 13 punti maggiore rispetto alla media Ue e che posiziona l’Italia al terzo posto tra i paesi con il maggior tax gap Iva dopo Romania e Grecia, sebbene nel quinquennio 2012-2016 si sia comunque registrato un andamento decrescente sia dell’imposta teorica complessivamente evasa, sia della propensione all’evasione calata di oltre un punto percentuale rispetto al 2012.
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