Il sito istituzionale dell’Inps nella sezione dedicata al presidente evidenzia già una pagina in bianco. Da sabato, 16 febbraio, Tito Boeri è decaduto dalla carica di presidente dell’Istituto, che si ritrova monco di un rappresentante legale e privo della figura che predispone il bilancio, i piani di spesa e le linee di indirizzo strategico. La settimana inizia dunque con l’Inps sguarnita di una guida operativa e l’evidenza che tra Lega e MgS si gioca l’ennesimo braccio di ferro sulle nomine per individuare che guiderà l’Istituto di previdenza. Del resto a poche ore dalla fine del mandato di Boeri la Lega ha tentato un’accelerazione, puntando sul nome di Mauro Nori in veste di commissario. Ma il negoziato è fallito per la ferma contrarietà del MSS, che da tempo considera Pasquale Tridico il candidato naturale per la guida dell’Inps. Lo stallo deve fare i conti con quanto stabilito nel decretane che introduce quota 100 e il reddito di cittadinanza: il provvedimento fissa l’avvio del commissariamento dell’istituto e poi il ripristino di un consiglio di amministrazione, con a capo la figura di un presidente. L’idea originaria del governo è che il commissario, una volta terminato la gestione straordinaria dell’Inps, assuma il ruolo di presidente. Ma in assenza di un accordo tra le forze di maggioranza sarebbe spuntata una possibile alternativa. La nomina di un commissario di matrice ministeriale potrebbe sia assolvere al ruolo di traghettatore, evitando di bloccare l’operatività , sia garantire qualche settimana in più per trattare sulla scelta del presidente. Tanto che nel corso del fine settimana è uscito il nome di Paolo Reboani, un dirigente del ministero del Lavoro, come la figura a cui affidare in via transitoria il commissariamento. Le altre alternative appaiono improbabili e operativamente rischiose. Difficile che l’Inps venga lasciato nelle mani del direttore generale, Gabriella Di Michele, per l’ordinaria amministrazione, confidando che i due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio possano trovare rapidamente un’intesa sul nome che gestirà l’erogazione delle misure chiave della manovra: Quota no per la Lega e il Rdc per il M5S.