Def, l’audizione dell’Istat: “Cala la pressione fiscale sulle imprese”

L’eventuale aumento dell’Iva inciderebbe per uno 0,2% sui consumi, ma per quanto riguarda le imprese la riduzione del prelievo fiscale quale effetto della nuova Mini-Ires sarebbe pari al 2,2%. Quanto al dato macroeconomico, il quadro offerto dal Def e dagli effetti dei vari provvedimenti attuati o che verranno attuati e da qualchhe segnale di risveglio dell’attività industriale, è compatibile con una crescita annua dello 0,2% così come indicato nel documento economico-finanziario. Sono, a grandi linee, le indicazioni che vengono dall’audizione dell’Istat sul Def davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato. Per l’Istat ha parlato il nuovo presidente Carlo Blangiardo. Subito dopo è stato il turno di Bankitalia (Eugenio Gaiotti, capo del dipartimento economia e statistica) che ha parlato di un quadro sostanzialmente corretto ma soggetto “a rischi rilevanti”. In giornata verranno sentiti anche il Cnel e l’Ufficio Parlamentare Bilancio (l’organismo tecnico di supporto all’attività parlamentare diretto da Giuseppe Pisauro. Debito pubblico - “A fine 2018 – ha detto  Blangiardo -  il debito pubblico5 è stato pari a 2.322 miliardi corrispondenti al 132,2% del Pil, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2017 (131,4%). Per il 2019 è previsto un ulteriore aumento di 0,4 punti percentuali raggiungendo così il 132,6% del Pil. Nel triennio successivo si registra un inversione di tendenza con una continua diminuzione che porterebbe, nel 2022, a un debito pari al 128,9% del Pil.”.  Industria – Ecco l’analisi di Blangiardo sull’attività industriale: “Seppure in un quadro caratterizzato da notevoli incertezze, il recupero dell’attività industriale di inizio anno influenza in misura rilevante il quadro macroeconomico del primo trimestre 2019, per il quale è verosimile un miglioramento dei livelli complessivi dell’attività economica rispetto a quelli di fine 2018, con effetti positivi anche sulla performance economica media annua del 2019. Alla luce di queste evidenze la stima della crescita del Pil contenuta nel quadro programmatico per il 2019 ( 0,2%) appare verosimile.”.  Iva – “Lo scenario programmatico – dice il presidente dell’Istat – incorpora l’introduzione delle clausole di salvaguardia a partire da gennaio 2020. La stima contenuta nel quadro appare compatibile con uno scenario di non pieno passaggio dell’aumento dell’Iva sui prezzi. L’incremento dei prezzi dovuto all’aumento dell’Iva porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che nel quadro delineato potrebbe essere nell’ordine di 0,2 punti percentuali”. Mini-Ires – “Rispetto alla necessità di rilanciare gli investimenti i provvedimenti simulati riferiti al ripristino dei super-ammortamenti e alle modifiche della Mini-Ires sono attesi generare una riduzione del prelievo fiscale per le imprese pari a 2,2 punti percentuali” ha detto Blangiardo sintetizzando i risultati di una simulazione Istat-MATIS sull’applicazione della nuova Ires ridotta sulle imprese. Bankitalia – “Lo scenario macroeconomico presentato nel DEF – ha detto Gaiotti – tiene conto in modo realistico della congiuntura ed è complessivamente condivisibile. Esso è soggetto a rischi rilevanti, che possono provenire da un peggioramento del contesto globale e da un più accentuato deterioramento della fiducia delle imprese”. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, Bankitalia rileva che “Le stime macroeconomiche del Governo, soprattutto nel quadro programmatico, scontano un aumento sostenuto degli investimenti pubblici, che crescerebbero dal 2,1 per cento del PIL dello scorso anno al 2,6 per cento alla fine del 2021, con ritmi di crescita pari a circa il 10 per cento in media all’anno; ciò richiede un aumento notevole dell’efficienza del processo di selezione, assegnazione ed esecuzione dei lavori”. Gaiotti si è soffermato anche sul rapporto debito-Pil:  “L’evoluzione del rapporto fra debito e prodotto dipende dalla differenza tra l’onere medio e la crescita dell’economia, dalla dimensione dell’avanzo primario e dagli incassi dalle operazioni di finanza straordinaria. L’andamento di queste determinanti è soggetto a una elevata incertezza. Qualora una di esse risultasse, anche di poco, meno favorevole di quanto atteso dal Governo la riduzione del debito nel prossimo triennio sarebbe a rischio”.    

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