I vigneti italiani costano più di un’isola caraibica con quotazioni che salgono dal milione di euro per Brunello e Prosecco fino ai 2,5 milioni di euro nel caso del Barolo. E’ quanto afferma la Coldiretti che al Vinitaly ha presentato la prima mostra delle terre italiane del vino, con una inedita maxi esposizione a Casa Coldiretti di fronte all’ingresso principale Cangrande, per conoscere i terreni dai diversi colori, origini e consistenze provenienti da tutta la Penisola, da cui nascono i 405 vini Doc e Docg italiani. La superstar, rileva Coldiretti sulla base di dati Winenews, è il Barolo piemontese, con prezzi che arrivano fino a 2,5 milioni di euro ad ettaro. Una cifra superiore a quella necessaria per acquistare un’isola alle Bahamas, nei Caraibi, che si può oggi ‘portare a casa’ anche a poco più di 2 milioni di euro, come nel caso della Lobster Island e poco sotto il prezzo di un villaggio-atollo alle Maldive (la Soneva Jani), che viaggia anche sui 2,6 milioni di euro. Per Brunello di Montalcino e Prosecco le cifre salgono fino a un milione di euro a ettaro mentre per accaparrarsi un ettaro di vigneto piemontese come per il Barbaresco ci vogliono tra i 500 e i 600mila euro, così come per l’Amarone della Valpolicella, il Bolgheri Toscano e le vigne del Trentino Alto Adige, le quali possono arrivare però anche fino a un milione di euro. Più a buon mercato altre Doc di pregio, dal Franciacorta, che arriva fino a 300mila euro, al Chianti (200mila euro), ma sulle stesse cifre si colloca anche il Lugana, vino in ascesa tanto da essere in cima alla top ten delle bottiglie che hanno fatto segnare il maggior incremento di vendite in valore nella grande distribuzione. “La forza dell’Italia sta nella grande varietà dell’offerta con la capacità di offrire vini di qualità da un capo all’altro della Penisola come nessun altro Paese” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “clima, terreni, patrimonio varietale rappresentano il mix inimitabile e vincente del patrimonio vitivinicolo nazionale”. Anche se presenta quotazioni molto variabili della tipologia di vino prodotto, il valore medio dei vigne – rileva Coldiretti – in Italia è di circa 51mila euro a ettaro, più di due volte e mezzo la media dei terreni agricoli, secondo un’analisi Coldiretti su dati Crea. A livello territoriale i prezzi medi più alti si riscontrano in Trentino Alto Adige, con valori superiori ai 200mila euro, seguito dal Veneto, che si attesta poco sotto i 140mila euro a ettaro, il doppio di quelle del Piemonte – continua Coldiretti, che con 68mila euro si colloca al terzo posto. I terreni vulcanici – Quotazioni superiori alla media nazionale anche per Friuli Venezia Giulia (61mila euro) Lombardia (57mila euro) e Toscana (55mila euro). “Un successo alla base del quale c’è – ricorda Coldiretti – la terra, che in Italia fa registrare una straordinaria e unica varietà. I terreni vulcanici, ad esempio, garantiscono le condizioni ideali per coltivare uve da cui si producono vini soprattutto bianchi caratterizzati da grandi mineralità”. E’ il caso dell’Etna Doc, con le uve coltivate alle pendici del vulcano siciliano su un suolo originato dallo sgretolamento di più tipi di lava di diversa età mescolata a lapilli, ceneri e sabbie nere. Un mix che, abbinato al clima isolano, migliora anche la longevità del vino. Terra rossa – Il colore rosso caratterizza, invece, i terreni ricchi di ossido di ferro e magnesio. Basti pensare ai paesaggi della Puglia dove si produce il Salice Salentino Negramaro Doc, suoli di natura argilloso-sabbiosa che danno al vino corpo ed elevato grado alcolico, o a quelli della Valpolicella, più argillosi-calcarei, da cui nasce il pregiato Amarone della Valpolicella Docg che da questo tipo di terra ottiene il colore intenso e luminoso e il gusto pieno morbido, elegante, perfettamente equilibrato. Anche sulle colline intorno a Marsala i terreni argillosi sono ricchi di calcare favorendo la produzione di vini freschi e fruttati come il Grillo di Sicilia Doc. Argille calcaree – Dalle terre marnose delle colline venete (la marna è un tipo di argilla calcarea e fredda, dalle tonalità più chiare) – continua Coldiretti – nasce, invece, il prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene. Questo particolare tipo di composizione dona allo spumante le caratteristiche note fruttate e floreali molto eleganti, ed una spiccata acidità e sapidità. Sulle Langhe piemontesi, inserite dall’Unesco – ricorda la Coldiretti – nella lista dei patrimoni dell’Umanità, troviamo terreni calcarei-marnosi grigio-azzurrognoli con maggiore presenza di sabbia che favoriscono la produzione di vini molto eleganti, come il Barolo Docg, dal colore inteso e dal gusto pieno, armonico e strutturato. I colli – Altrettanto caratteristici sono i suoli dei colli Piacentini della Val d’Arda da cui nasce il Gutturnio Doc. Mescolati alla terra è facile trovare fossili marini formatisi nelle rocce argillose e sabbiose del Pliocene, oltre 3 milioni di anni fa quando il mare lambiva le pendici dell’Appennino. Il risultato è un mix di finezza olfattiva e buona struttura con tannino e acidità. Strati alternati di marne e sabbie calcificate – rileva la Coldiretti -, anticamente depositi di fondali marini, sono tipici delle zone friulane del Collio e favoriscono l’accumulo di zuccheri, di pigmenti e sostanze aromatiche nelle uve da cui si producono i vini del Collio Doc. – Nei terreni sabbiosi di origine granitica – continua la Coldiretti -, che si trovano ad esempio nel territorio della Gallura in Sardegna, nascono poi principalmente vini freschi e dalla buona acidità, come nel caso del Vermentino di Gallura Doc, profumato, gradevolo e di buon tenore alcolico. Ma dove a sabbia e granito si aggiungono piccole quantità di argilla, avremo anche un intenso bouquet, come ben testimoniano i terreni della Mamoiada, dove nasce un’altra eccellenza sarda come il Cannonau di Sardegna Doc. A garantire una eccezionale armonia tra grado alcolico e colore – aggiunge Coldiretti – sono i terreni argillosi-sassosi, caratteristici della Maremma livornese, che trasferiscono al Bolgheri Doc sapidità e mineralità. Restando in Toscana, tende all’argilloso la terra delle colline di Montalcino che, per la scarsa fertilità, determina basse produzioni ma di grande qualità come il Brunello, esaltando longevità, alte gradazioni alcoliche, pigmentazioni molto intense e sensazioni olfattive complesse. I terreni fangosi nel lembo più stretto di terra tra i due fiumi Secchia e Panaro che solcano la provincia di Modena danno al Lambrusco di Sorbara Doc le caratteristiche di sapidità e mineralità. Ma anche lo zolfo e il gesso che caratterizzano invece i terreni delle colline irpine terreni,assicurano al vino Greco di Tufo una grande mineralità
Le terre del vino. Un vigneto di Barolo costa più di un atollo ai Caraibi
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