Marsiglia (FederPetroli): “In Libia chiediamo solo stabilità”

Alta tensione in Libia? “Le nostre imprese, quelle del settore petrolifero e dell’indotto che stanno operando nel territorio libico, tremano. La situazione è precipitata”. È l’allarme lanciato da Michele Marsiglia, presidente della FederPetroli Italia, la Federazione petrolifera indipendente che rappresenta le aziende petrolifere, nel settore che va dalle risorse minerarie, dai pozzi alle piattaforme, alla distribuzione di carburante al ‘non oil’, intervistato da LaPresse. Il generale Khalifa Haftar, quindi il governo di Tobruk, ha dichiarato di voler marciare su Tripoli. E l’Eni ha deciso di evacuare il personale italiano. Le altre aziende? “Lo hanno fatto anche le imprese italiane che fanno riferimento a Federpetroli, realtà medie e piccole, aziende dell’indotto che già da venerdì hanno richiamato il personale. I segnali di un’ offensiva militare del resto li avevamo da tempo. La situazione a Tripoli ci preoccupa moltissimo, ma ci sono giunte anche notizie che l’esercito di Haftar si sta spostando a Sirte. Le milizie però sono anche nel centro della Libia. Certo i campi non si possono abbandonare, ma il pericolo c’è. E anche per assicurare i nostri lavoratori che operano in quelle zone con le compagnie assicurative ci sono molti problemi”. Cosa chiedete alla Farnesina per le vostre imprese? “Aspettiamo da alcuni mesi di potere incontrare lo staff del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Un incontro dovrebbe essere fissato nelle prossime settimane. Nessuno dei due governi della Libia, nè quello di Tripoli, nè quello di Tobruk, ha potuto rappresentare un punto di riferimento politico per le aziende. Quello che è importante per gli operatori economici è un potere in Libia che garantisca la stabilità, un potere forte che in questo momento non c’è. Da industriale dico che serve stabilità per andare avanti. Gli scenari di riunificazione della Libia rientrano nel campo della politica, non nel mio. Già da un anno le nostre aziende non riescono a fare incontri d’affari a Tripoli perché non è sicuro. Abbiamo bisogno di sapere come posizionarci sui business aperti, almeno in una logica di riduzione del danno per le aziende. I danni economici quali sono?. “E’ almeno dal 2011 che le imprese del nostro settore si trovano di fronte a lavori nei loro impianti non ultimati, con costi esorbitanti che a causa degli stop and go possono anche triplicare. Si aggiungono le penali di chi ha dato l’appalto e le banche che sulla situazione libica non garantiscono più nemmeno un centesimo. Molte aziende si sono già ritirate con perdite economiche molto pesanti. In Libia i nostri investimenti non sono più tutelati”. 

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