Psicosi da vaccino? Lo psichiatra: “C’è molto disorientamento. E sfiducia”

ROMA – Non una vera e propria psicosi, ma “manifestazioni importanti di dubbio e disorientamento nonché una certa mancanza di fiducia in quelli che sono gli scopi da raggiungere attraverso la cosiddetta vaccinazione eterologa”. Questo, secondo Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), lo scenario davanti al quale si trova l’Italia rispetto alla decisione ministeriale di stoppare il vaccino AstraZeneca per gli under 60 ed effettuare i richiami con un immunizzante a mRNA. Negli ultimi giorni, infatti, diversi giornali riportano come in vari centri vaccinali del Paese si stia registrando un rifiuto da parte della popolazione di sottoporsi alla seconda dose di vaccino con il risultato di lasciare incompleto il ciclo. Un rifiuto che riguarda sia gli under 60 che gli over.

“Dobbiamo avere la consapevolezza di quanto sia preziosa l’arma vaccinale- sottolinea Di Giannantonio- e dobbiamo aprire la mente alle opzioni successive che ci vengono imposte dalle necessità sanitarie. La vaccinazione eterologa è uno strumento in più a disposizione della salute pubblica- evidenzia lo psichiatra- le ricerche hanno dimostrato non solo che si può fare, ma che addirittura stimola in modo più completo la risposta anticorpale del sistema immunitario e dunque non c’è ragione di avere preoccupazioni. Dobbiamo essere attenti a quello che ci dice la scienza e a quello che ci dimostrano i fatti”.

Il presidente Sip spiega che “la preoccupazione, il timore, il conflitto possono essere presenti ma devono essere assolutamente bonificati e chiarificati da un’informazione scientifica corretta e precisa”. Uno dei problemi, infatti, è che “nelle comunicazioni istituzionali sono state commesse imprudenze- dice Di Giannantonio- sono state fatte confusioni e si sono creati conflitti che per l’opinione pubblica, data la delicatezza della materia, sono da evitare nel modo più totale”.

Come si esce dall’empasse? “Occorre dare un’informazione più completa possibile, basterebbe illustrare quante milioni di dosi del vaccino di Astrazeneca sono state somministrate nel mondo e quanto estremamente limitate siano state le casistiche dei danni, per dire che da un punto di vista statistico il pericolo non esiste”, puntualizza lo psichiatra. “Si tratta di rispettare le misure, avere un giudizio informato, ponderato, sereno, adulto, e di non farsi trascinare da emozioni che non hanno nulla di scientificamente fondato- rimarca lo psichiatra- pensiamo, per esempio, se dovessimo limitare la circolazione stradale facendo riferimento a quanti incidenti causano un certo numero di morti. Non sarebbe possibile”.

Uno scenario nel quale intanto gran parte dell’Italia si prepara a passare in ‘zona bianca’ con un allentamento delle restrizioni e un ritorno alla socialità. Ma come lo stiamo affrontando? “Il ritorno alla socialità è improntato ai due modi di funzionare della mente dell’essere umano- spiega Di Giannantonio- da una parte un eccesso di prudenza, di paura e di inibizione, dall’altra una sorta di ‘tana libera tutti’”. Quindi “da un lato ci sono molte persone che per paura di una reinfezione o di un’infezione da trasmettere involontariamente ai propri cari, prenderanno il ritorno alla socialità con un’enorme prudenza, un’enorme attenzione, quasi con dei livelli di inibizione e di ritiro domestico”.

All’opposto “c’è una frangia, per fortuna minoritaria, di persone che hanno subito il lockdown come una grave frustrazione, una limitazione, un grave danno alle proprie aspettative, ai propri bisogni, ai propri sentimenti e quindi prenderanno la zona bianca come un ‘libera tutti’ sulla base di un’erronea percezione- sottolinea lo psichiatra- ossia quella che il Sars-CoV-2 non si trasmette più, che è stato sconfitto dalla campagna vaccinale, che l’estate uccide il virus. Sono persone che tenderanno a dimenticare la delicatezza di questa fase di transizione e metteranno in atto dei comportamenti che saranno oggettivamente rischiosi, non soltanto per loro stessi ma per tutta la comunità”. La formula è “riprendere la vita senza far finta che non sia accaduto nulla”, conclude lo psichiatra.

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