A Bologna il disagio degli adolescenti c’è da prima del Covid. E ora servono spazi

BOLOGNA – Il disagio degli adolescenti a Bologna non è ‘figlio’ della pandemia, ma viene da lontano. Già prima del Covid i casi erano “in costante aumento da oltre dieci anni”, con una crescita di accessi alla neuropsichiatria infantile del 50%. La pandemia ha poi fatto ‘esplodere’ questa situazione, con ad esempio un raddoppio dei ricoveri al Maggiore nell’ultimo anno e le consulenze in Pronto soccorso che sono triplicate. A disegnare il quadro è Stefano Costa, responsabile dell’Unità di Psichiatria e psicoterapia dell’età evolutiva dell’Ausl di Bologna, ascoltato in commissione Sanità di Palazzo D’Accursio in udienza conoscitiva chiesta da Simona Larghetti, consigliera di Coalizione civica.

“I casi sono in costante aumento da oltre dieci anni – mette in chiaro Costa – prima del Covid gli accessi alla neuropsichiatria infantile sono aumentati del 50%, con un picco di disturbi psico-patologici nei pre-adolescenti. Sono numeri incredibili. Se si fosse trattato di una patologia infettiva, avremmo parlato di nuova epidemia e di mascherine”. Poi è arrivato il Covid, e “sono triplicate le consulenze in Pronto soccorso – continua il neuropsichiatra infantile dell’Ausl di Bologna – anche il 118 segnala che il 10% delle chiamate per minori è per motivi psico-patologici”.

Alla Pediatria del Maggiore, per disturbi psico-patologici, sono stati 47 i ricoveri nel 2021 e 93 nel 2022. “L’adolescenza non è una malattia e i ragazzi stanno in generale bene – mette in chiaro Costa – ma se, come emerge da una ricerca della Regione, il 6% dei ragazzi si taglia, allora serve avere attenzione. Non c’è solo l’urgenza, ma anche la presa in carico prolungata. Le reti familiari però oggi sono più fragili e quindi proseguire i percorsi di recupero a casa diventa più difficile”.

Costa lancia quindi l’idea di una ‘Casa per gli adolescenti’, un luogo cioè dove i ragazzi possano “andare liberamente” per svolgere sia attività di svago sia laboratori creativi e artigianali, e dove “la sanità ha solo un piccolo sensore. Sarebbe importante avere anche un centro semi-residenziale, con qualche posto letto, dove inserire i ragazzi dopo un percorso”, sostiene il neuropsichiatra Ausl. Al momento, quello degli spazi è il problema più sentito. “Abbiamo necessità di almeno due ambulatori per le psico-patologie al Maggiore – spiega Costa – e di una sala grande per gli incontri e le terapie anche con i genitori”. Inoltre, occorre “abilitare tutti i reparti ad accogliere questi ragazzi, anche le chirurgie e le ortopedie”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è Renzo Muraccini, psichiatra del Centro di salute mentale dell’Ausl di Bologna. “La mutazione antropologica del disagio in atto richiede un aumento delle risorse e anche una ristrutturazione dei servizi – sostiene – la Casa per gli adolescenti potrebbe essere utile anche per riunificare i servizi oggi frammentati. La politica ci deve dare una mano”. Diego Tuzzolo, educatore professionale nella salute mentale, aggiunge: “Non ci sono solo le baby gang e le emergenze. C’è tutta una fascia di adolescenti che è in sofferenza, soprattutto in crisi d’ansia per il futuro, legata anche ai cambiamenti climatici. I servizi e le risorse attuali non sono più sufficienti”. Il consigliere dem Vincenzo Naldi commenta: “Il Covid ha inciso su questa fascia di età più di quello che pensiamo. È necessaria una rivoluzione copernicana dei servizi, per integrarli e tenere il tanto di buono che c’è”. Chiosa Larghetti: “L’emergenza non inizia e non finisce con il Covid, il problema esisteva già. Su questo dobbiamo riflettere”.

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