Sit-in all’ambasciata di Roma: “L’Egitto vuole sottoporre Alaa Abdel Fattah al Tso, Londra intervenga”

ROMA – “Il ministro degli Esteri egiziano ha detto che si sta valutando di sottoporre Alaa Abdel Fattah a cure mediche e trattamento sanitario obbligatorio. Ma è pericoloso, perché sappiamo che la prigione in cui è tenuto non dispone di una clinica medica attrezzata e non è possibile tenerlo sotto osservazione”. Lo riferisce alla Dire Sayed Nasr, presidente dell’associazione italo-egiziana EgyptWide che nel pomeriggio, con Amnesty International, ha organizzato un sit-in davanti l’ambasciata del Regno Unito a Roma affinché intervenga per la liberazione dell’attivista, che ha la doppia cittadinanza anglo-egiziana.

Abdel Fattah infatti, volto noto della rivoluzione di piazza Tahrir del 2011, è detenuto dal 2019 e sconta da dicembre 2021 una condanna a 5 anni per “diffusione di false notizie”, un reato che in Egitto ricade nella legge sull’anti-terrorismo. Da oltre sette mesi è in sciopero della fame per denunciare le condizioni carcerarie e la repressione del governo del Cairo sui cittadini. L’1 novembre ha eliminato l’assunzione delle ultime 100 calorie quotidiane mentre domenica scorsa ha avviato lo sciopero della sete, nel giorno in cui si apriva la conferenza Onu sul clima Cop27. Date le sue condizioni, potrebbe non sopravvivere per vedere la conclusione dell’evento internazionale. Stamani, l’Alto commissario Onu per i diritti umani Volker Turk ha chiesto “al governo egiziano Cairo l’immediato rilascio” del blogger e “le cure mediche necessarie”, dato che si trova “in grave pericolo”.

“DELUDENTE L’ATTEGIAMENTO DEL REGNO UNITO”

Un’ottantina di persone hanno aderito invece al sit-in nella capitale, accendendo candele, esponendo cartelli con la foto di Abdel Fattah e scandendo “Alaa libero, liberateli tutti”, “Il Regno Unito prenda posizione per Alaa”. Secondo Nasr, l’atteggiamento del governo di Londra appare infatti deludente: “Nei giorni scorsi il primo ministro Rishi Sunak è intervenuto esortando le autorità del Cairo a concedere la visita del console”, che Alaa chiede da tempo senza successo. “Noi ci aspettavamo di più- avverte l’attivista- e cioè che Londra chiedesse il suo rilascio”.

Delusa anche Tina Marinari, coordinatrice campagne di Amnesty: “Abbiamo contattato l’ambasciata ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta”. Marinari ricorda gli almeno “60mila detenuti politici in Egitto, rinchiusi a tempo indeterminato per aver preso posizione contro il governo, senza un reato reale. Prima della Cop27, per mostrarsi un Paese democratico, le autorità egiziane hanno rilasciato più di 500 persone, tuttavia nelle stesse settimane ne arrestava oltre mille”.Quanto alla scelta di tenere la Conferenza Onu sul clima in Egitto, conclude Marinari, “noi di Amnesty chiediamo al Cairo un impegno non solo sull’ambiente ma anche sui diritti umani, ovunque e sempre, anche quando si spengono i riflettori”.

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